Oggi, 25 novembre, è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Una giornata di profonda riflessione e giorni, anche quelli appena trascorsi, arricchiti da iniziative (come ad esempio il camper della Polizia di Stato lungo il corso di Avellino con lo slogan ‘Questo non è amore) volti a sensibilizzare e prevenire simili reati.
La Giornata è stata istituita nel 1999 dall’Assemblea Generale della Nazioni Unite.
Questa data fu scelta da un gruppo di donne attiviste, riunitesi nell’Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà nel 1981.
In ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, considerate esempio di donne rivoluzionarie per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961), il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nell’arretratezza e nel caos per oltre 30 anni.
I dati in Italia sul femminicidio
Nei primi dieci mesi di quest’ anno in Italia le vittime di femminicidio sono state 106, una ogni 72 ore: il 7 per cento in meno dello stesso periodo dell’anno scorso, quando erano state 114.
Questo quanto emerso da uno studio realizzato da Eures – Ricerche economiche e sociali.
Insomma dal primo gennaio al 31 ottobre 2018 i femminicidi sono saliti al 37,6% del totale degli omicidi commessi nel nostro Paese (erano il 34,8% l’anno prima), con un 79,2% di femminicidi familiari (l’80,7% nei primi dieci mesi del 2017) e un 70,2% di femminicidi di coppia (il 65,2% nel gennaio-ottobre 2017).
Dal 2000 uccise oltre 3mila donne
Tra il 2000 e i primi dieci mesi di quest’ anno le donne uccise sono state 3.100, una media di più di tre a settimana. E in quasi tre casi su 4 (il 72%) si è trattato di donne vittime di un parente, di un partner o di un ex.
Nella maggioranza dei casi, le donne uccise nella coppia avevano dei figli: il 67,2% nel 2015, il 51,4% nel 2016 e il 54,2% nel 2017.
I moventi
Alla base dei femminicidi familiari ci sono nella maggior parte dei casi motivi passionali, ovvero un’idea malata di possesso (il 30,6% dei casi nel 2017) ma si uccide anche in seguito a liti o dissapori (25%), perchè l’autore soffre di un disturbo psichico (22,2%) o in conseguenza di una malattia o di una disabilità della vittima”.