Vinitaly, passata la sbornia restano i vini dell’Irpinia: dagli antichi romani a Scanzi

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Passata la sbornia del Vinitaly 2017, che ha chiuso i battenti lo scorso 12 aprile con un bilancio come sempre più che positivo per l’Irpinia, resta l’eccellenza dei nostri vini: una tradizione che risale addirittura al tempo dei Romani. Furono proprio gli antichi ad importare dalla Grecia le viti di Greco di Tufo, del Fiano di Avellino e del Taurasi: i tre Docg conosciuti e apprezzati in tutto il mondo che si sommano ai 19 vini Dop.

Oltre agli antichi romani, l’Irpinia deve ringraziare anche la propria terra aspra, l’alternarsi di montagne e vallate spesso percorse da un vento fortissimo, l’abbondanza d’acqua e la notevole escursione termica tra il giorno e la notte: la summa di queste caratteristiche ha reso il suolo irpino particolarmente predisposto alla coltivazione della vite.

Tra i tanti endorsement rivolti ai vitigni della nostra provincia, l’ultimo arriva dal giornalista de Il Fatto Quotidiano Andrea Scanzi che, nel suo ultimo libro titolato I Migliori di Noi, ha citato volutamente il Fiano di Avellino e, intervistato dal nostro Pasquale Manganiello, ha così motivato tale scelta: “E’ uno dei bianchi autoctoni più affascinati d’Italia insieme al Timorasso e al Verdicchio, un vitigno straordinario dalla grandi capacità evolutive”.

L’ultima parola è quella chiave per capire bene la storia dei nostri vini: il Fiano, ad esempio, è stato introdotto a Lapio da gruppo di Liguri Apuani e i vitigni si sono adatti perfettamente al terreno da cui, nel tempo, è scaturito un vino dalle eccellenti qualità. Lo stesso vale per il Greco ed il Taurasi: il primo d’origine greca – e in questo caso il nome svela già l’origine – fu trapiantato dapprima lungo le pendici del Vesuvio, in quanto questa tipologia di vite cresce benissimo sul tufo, e successivamente si è diffuso nella provincia di Avellino; il secondo, invece, è stato importato in Italia intorno al VII-VI secolo a.C.

Il Taurasi, che nasce dalle uve di Aglianico, è considerato il vitigno più importante dell’Italia del Sud, il primo ad ottenere sia il marchio Doc che il marchio Dogc. Perfino il poeta Orazio ne decantava nei suoi versi le incredibili qualità.

di Renato Spiniello.