Alfredo Picariello – Prima dell’emergenza coronavirus, andavano al lavoro in aziende del posto, portavano in giro i documenti, si recavano con una certa frequenza presso le loro abitazioni per abbracciare amici e familiari, ricevevano molte più visite. Una vita normale, tesa al recupero, propedeutica alla sconfitta di quel terribile male oscuro che è la dipendenza dalle droghe.
Oggi, dopo il covid e nonostante la fase 3, la vita dei tossicodipendenti ospiti delle comunità terapeutiche non è per nulla cambiata, è rimasta inchiodata ai mesi del locokdown. Come se nulla fosse cambiato. Non possono andare al lavoro o a casa, ricevono visite che si contano sulle dita di una mano. E’ come se fossero ancora in quarantena. E non si sa perché. E’ quello che accade anche a Prata Principato Ultra, dove si trova una delle comunità terapeutiche più importanti della Campania: villa Dora, ubicata nella villa che fu della moglie del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Anche “villa Dora”, con ospiti (circa 50, provenienti un po’ da tutta la regione) ed operatori oggi, in occasione della giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di stupefacenti (istituita dall’assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1987 e da allora si celebra ogni anno, in tutto il mondo, non solo per prevenire i problemi legati all’uso e al traffico delle droghe, ma anche per cercare di portare avanti azioni coordinate e imponenti piani di lotta contro il più distruttivo veleno del secolo), si è unita al grido di allarme lanciato in tutta Italia dalla Federazione italiana delle comunità terapeutiche (Fict).
Lo slogan, comparso sullo striscione appeso anche a “villa Dora”, è: “Mai più invisibili”. Autoisolatesi all’inizio dell’epidemia vista la mancanza di direttive ad hoc, risparmiate dai contagi proprio per questa lungimiranza, le strutture si sono trovate completamente abbandonate da parte delle istituzioni.
“Abbiamo scritto 80 volte al governo per chiedere di assumere dei provvedimenti, ma non siamo stati presi in considerazione – spiega Luciano Squillaci, presidente Fict – e questo nonostante per l’emergenza il 40% dei servizi sul territorio sia stato costretto a chiudere”. Un dato che secondo gli operatori potrebbe aver portato a un aumento del 30% dei morti di droga nel lockdown.
“Villa Dora”, purtroppo, non è immune da questo “isolamento” provocato dalla istituzioni. Nonostante l’ottimo lavoro che a Prata Principato Ultra, con grandi sacrifici, si porta avanti ormai da tantissimi anni. Con risultati tangibili e concreti. Come insegna la storia di Giacomo che, durante il lockdown, è scappato via dalla struttura.
Ma ci ha subito ripensato, è tornato indietro e oggi dice: “Voglio essere un uomo migliore, ce la farò”.