Trentasei anni fa, era il 23 novembre 1980, uno dei peggiori terremoti del Novecento devastava un’area povera del Mezzogiorno d’Italia: l’Irpinia.
Quasi tremila morti, trecentomila senza tetto, una ricostruzione disastrosa. E quel discorso del Presidente della Repubblica Sandro Pertini che accusava la lentezza dei soccorsi ed invitava gli italiani alla solidarietà.
Tante le iniziative previste oggi in Irpinia in ricordo di quella immane tragedia. Tra le varie, anche la Cgil di Avellino che a Lioni ricorderà le vittime della catastrofe del 1980 in una ideale discussione che lega i territori irpini devastati dalla furia del sisma con quelli del Centro Italia, vittime oggi di una simile sciagura.
Di quello che è stato 36 anni fa e del significato che oggi, a distanza di decenni, assume il ricordo del terremoto, ne abbiamo parlato con il segretario provinciale della Cgil irpina, Franco Fiordellisi.
“La memoria di quanto accaduto resta un valore – dice Fiordellisi – Lo è per il rispetto che dobbiamo alle vittime di quella immane tragedia, ma anche e soprattutto per i giovani, per le classi dirigenti che spesso dimenticano quello che ha significato quel 23 novembre Nel 2002 ad esempio, dopo la catastrofe di San Giuliano di Puglia che ha cancellato una intera generazione di ragazzini, l’Italia e i suoi amministratori si sono svegliati. Come Cgil non intendiamo puntare il dito contro, ma dare strumenti culturali di valore e memoria, per avere cittadini consapevoli rispetto a quanto accaduto 36 anni fa, affinché quello che è stato non avvenga più in una zona che è dichiarata sismica. In questa direzione, dopo il dramma del terremoto in Centro Italia, la Cgil irpina ha inteso avviare una attività di solidarietà che sia per noi sia di memoria e per le popolazioni di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto sia di sostegno concreto”.
“Dobbiamo ripartire con l’orgoglio di non andare col cappello in mano a chiedere, ma di avere memoria e forza di prestare aiuto a chi in questo momento sta peggio di noi – continua Fiordellisi – La ricostruzione post sisma porta ancora dietro di sé una coda velenosa che riguarda sia la ricostruzione stessa che lo sviluppo industriale in provincia. Ci sono infrastrutture che funzionano e altre che non funzionano e che pure erano state pensate, sia pubbliche che private. Come riferimento sindacale parlo del Mercatone ad Avellino, della viabilità nella zona industriale di San Mango sul Calore, della viabilità per Buccino e Tito Scalo, teniamo appesa la Lioni Grottaminarda, ancora oggi legata ai lotti, ma si può parlare di opera incompiuta anche per quanto riguarda la sospensione della Avellino Rocchetta Sant’Antonio”.
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