VIDEO / “Cacciata di casa a 13 anni ad Avellino, oggi sono una donna bellissima”. Mai arrendersi, dal Pride il messaggio di Sofia

0
8313

“Oggi sono una donna bellissima”. E’ proprio così. Sofia Mehiel, detta la “Papessa”, è davvero una donna molto bella. Incanta, insieme a tanti altri, l’Irpinia Pride di Mercogliano. Balla, presenta, si fa fotografare. E’ un travolgente fiume in piena ed è di verde vestita forse proprio in onore della “sua” Avellino.

Sofia, nel capoluogo irpino, ci è stata più o meno fino all’età di 13 anni. Era un uomo, ma già “speciale”, desideroso di cambiare sesso, di vivere la sua sessualità in piena libertà. Ha lottato. Ed è adesso un simbolo importante. È infatti parte del direttivo del MIT (Movimento Identità Trans) e a Bologna – dove vive oggi – è responsabile di due case d’accoglienza e dello sportello “Unità di strada“. Inoltre durante il difficilissimo periodo del lockdown ha dato il proprio contributo consegnando pacchi alimentari, medicinali alle persone immunodepresse e svolgendo volontariato in ospedale, poiché ha anche la qualifica di “operatrice sociale”.

Anche la sua carriera è molto importante: una carriera professionale nel mondo dell’arte e dello spettacolo molto solida ed eterogenea. Dal debutto come presentatrice di eventi alla partecipazione a varie edizioni di Miss Trans Italia; dal mondo del Cinema – l’ultima pellicola è “Le Favolose”, per la regia di Roberta Torre, che uscirà a settembre – a quello della TV. Inoltre nel 2020 è entrata anche nell’industria discografica, con il brano dance d’esordio “Respect in any body”. Tra i vari Pride a cui ha partecipato come ospite d’onore, ricordiamo in particolare l’Europride di Amsterdam, dove nel 2016 ha rappresentato l’Italia.

“Questo Irpinia Pride a Mercogliano è fantastico – afferma -. E’ tutto molto bello, sopratutto perché vedo gente che è rimasta umile. Da avellinese doc ne sono felice ed orgogliosa, Apple Pie sta crescendo, sta lavorando molto bene, sta dando grande dimostrazione di saper vivere”.

Sofia fa cenno alla sua storia che, putroppo, somiglia a quella di tante, troppe persone. “A 13 anni sono stata cacciata di casa, ho iniziato a lavorare nei bar, in particolare in quelli di via Dante, io vivevo da quelle parti, in zona tribunale. Mi hanno cacciata perché credevano avessi una malattia e che questa malattia fosse contagiosa. Non ho infettato nessuno e sono diventata una donna bellissima. Sono una attivista e faccio tante cose affinché vengano rispettati i diritti di tutti”.

La “Papessa” andrà in Ucraina, Paese martoriato dalla guerra, invaso dalla Russia. “Non ce ne frega niente delle bombe, andiamo perché bisogna proteggere tutti, indipendemente dal sesso”. Attraverso le organizzazioni umanitarie di cui fa parte, Sofia ed altri hanno fatto una raccolta fondi. Andranno nelle zone colpite dal conflitto bellico per portare medicinali e dare anche il sostegno alla comunità LGBT+ ucraina.

“Cacciata” di casa ma non c’è spazio per il rancore. “Quando si è saputo che volevo diventare donna, mia madre è stata lentamente ammazzata. Mio padre è morto di vecchiaia. Se oggi sono così forte e faccio tutto questo, lo devo anche a mia madre”.