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VIDEO/ Aias, arriva ordinanza di Foti. La disperazione di una dipendente: “La mia vita per questo lavoro”

Aias, ancora nessuna soluzione concreta per i pazienti e i lavoratori del centro. Dopo l’incontro di questa mattina si è deciso di proseguire il confronto in Prefettura lunedì alle ore 15.

Due sono le ipotesi poste sotto la lente d’ingrandimento da Asl ed Ispettorato del lavoro: una relativa al passaggio del personale Aias e dell’utenza presso l’Ospedale di Solofra e il Centro Australiano di Avellino o, seconda ipotesi, il trasferimento del servizio a Nusco e Calitri (saranno messi a disposizione dell’utenza dei mezzi per il trasferimento dei pazienti).

Intanto il sindaco Paolo Foti uscendo dall’incontro fiume di questa mattina con il Prefetto Tirone, il Direttore dell’Asl Morgante, una delegazione di genitori e dipendenti della struttura e rappresentanti sindacali (Cgil, Uil e Ugl) ha confermato che, a seguito del blitz dei Nas e su richiesta dell’Asl ha firmato “l’ordinanza di sospensione dell’autorizzazione agli esercizi”.

Il sindaco Foti ha dato inoltre la disponibilità, in questa fase emergenziale, di una struttura ma sarà l’Asl e tutti gli enti preposti a valutarne l’idoneità.

Fuori alla Prefettura, questa mattina, ad attendere chiarimenti e novità relative al futuro del centro Aias c’erano i pazienti, i genitori dei bambini in cura, molti anziani e tutti coloro che, con le lacrime agli occhi, pretendono una soluzione. Una battaglia che unisce e rafforza il legame ormai indissolubile tra pazienti e lavoratori.

“Sono una sociologa e ho lavorato venti anni in quel centro – ha spiegato ad Irpinianews una dipendente Aias – ho dedicato la mia vita a questo lavoro ma sopratutto al rapporto che nel tempo viene instaurato con i pazienti. Sono qui per dare sostegno alla loro battaglia, alla nostra battaglia, nel rispetto della tutela di un diritto imprescindibile, la salute”.

“Dalla mattina alla sera il centro è stato chiuso e – racconta la mamma di un piccolo paziente – non ci hanno dato alcuna spiegazione, solo una chiamata dall’Asl attraverso la quale mi veniva comunicato che mio figlio avrebbe dovuto riprendere la cura presso il centro Australia. Sono trent’anni che quella struttura è aperta, ora all’improvviso sorgono le irregolarità. Le terapie, se interrotte, creano un danno enorme. Mio figlio di cinque anni non parla ed ora che, grazie alla sua logopedista, stava iniziando ad ottenere dei risultati concreti è esploso il caso”.

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