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Vesuvio, un inferno di natura dolosa: animali vivi usati per appiccare le fiamme

L’inferno sul Vesuvio non ne vuole sapere di spegnersi, la colonna immensa di fumo nero colma di cenere si è riversata dalla tarda mattinata di ieri sull’Irpinia e sul beneventano e non accenna a diramarsi anche dopo le operazione di spegnimento che si sono susseguite per tutta la notte.

Perfino l’esercito è dovuto scendere in campo per arginare le fiamme, la grande paura era che il fuoco potesse raggiungere le discariche alle pendici del vulcano trasformando l’incendio in un drammatico rogo tossico di rifiuti.

L’incendio è di natura dolosa, su questo non ci sono dubbi: i Carabinieri hanno infatti appurato ed individuato ben otto inneschi differenti, tutti partiti allo steso momento. I piromani per incenerire la montagna hanno pensato bene di appiccare le fiamme su animali vivi cosparsi di benzina (gatti si pensa) che in preda al panico hanno raggiunto la boscaglia più fitta dov’è impossibile intervenire con rapidità quando scoppia un incendio.

Sergio Costa, il generale comandante in Campania dei Carabinieri forestali, esclude che i piromani siano allevatori in cerca di terreni per i loro animali, in quanto sul Vesuvio non c’è attività pastorizia. La pista più probabile è che alla base degli incendi ci sia una strategia precisa dei “palazzinari” contro l’Ente Parco, che nell’ultimo anno ha condotto una guerra importante nei confronti dell’abusivismo.

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