Una vita sulle scene: Umberto Valentino si racconta

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Umberto Valentino
Umberto Valentino

Umberto Valentino, volto molto noto della comicità avellinese che si è fatta conoscere e apprezzare in tutt’Italia, ci racconta la storia della sua grande passione tra aneddoti, esperienze e (immancabili) risate.

Avellinese DOC, residente ad Atripalda, 68 anni portati molto bene, sposato, una figlia e un cagnolino, diplomato al liceo scientifico “Mancini” e in seguito diviso tra gli studi universitari in architettura <<peccato che amavo più la professione del corso di studi>> e poi in giurisprudenza <<sedici esami lì, dodici esami qui e nemmeno una laurea. Ma parlando sinceramente :“nun me ne po’ fregà de meno”>>.

Comico, cabarettista, presentatore, artista e uomo molto amato. Ecco l’identikit di Umberto Valentino.

Come nasce la passione per la comicità?

<<Fin da ragazzo ero l’anima della comitiva, facevo battute e tutti ridevano. Ma non so dire come sia nata. Penso che la passione vera nasca da sola, senza un motivo scatenante. Ce l’hai dentro e devi solo attendere che emerga liberamente>>.

Parliamo degli esordi.

Umberto Valentino
Umberto Valentino

<<Nel 1975 con i colleghi di lavoro (dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Benevento) mettemmo su una compagnia e ci esibimmo in “Ditegli sempre di sì” di Eduardo De Filippo. Un bel successo per un gruppetto di impiegati. Da lì iniziai piccole frequentazioni. Ad Avellino ho debuttato invece subito dopo il terribile terremoto del 1980, con una serata organizzata al Palazzetto dello Sport a cui partecipò anche Peppe Barra. Un evento ideato per cercare di portare qualche sorriso in una città tanto provata dal tragico avvenimento. E lì misi alla prova la mia capacità di fare satira anche su temi più delicati>>.

Quando hai iniziato a “fare sul serio”?

<<Durante gli anni Ottanta ho iniziato a scrivere cose mie. Ho incominciato a prendere parte a diversi festival nazionali e arrivavo sempre tra i primi tre. Da lì capii che i miei testi funzionavano. Quindi iniziarono le serate in giro per l’Italia>>.

Quale esperienza ti è rimasta maggiormente nel cuore?

<<Senza dubbio quella legata alla partecipazione alla trasmissione televisiva “La sai l’ultima?”. Mi iscrissero a mia insaputa i colleghi d’ufficio e fui chiamato a Napoli per i provini. Presentai un ampio repertorio di barzellette, che fece scompisciare tutti i presenti dalle risate. Tra gli esaminatori c’era anche l’autore televisivo Davide Parenti (La sai l’ultima?, Le iene, Scherzi a parte), il quale si complimentò con me dicendomi che fornivo un valore aggiunto alle battute, le vestivo, le coloravo naturalmente, a modo mio. Mi chiamarono tantissime volte per partecipare alla trasmissione e io non rispondevo, temendo la televisione, un mezzo talmente diffuso e popolare da rappresentare un’arma a doppio taglio. Quando alla fine, alle 3 di mattina, mi giunse la chiamata di Parenti, decisi di rispondere, accettai e iniziò così l’avventura televisiva>>.

Un personaggio della televisione al quale sei rimasto particolarmente legato?

<<Pippo Franco, al quale sono unito da una bella amicizia, con il quale collaborai nel 1993 sempre per la trasmissione “La sai l’ultima?”. Cercava personaggi e io proposi quello del mafioso siciliano che scendeva in politica con il partito PCN (Partito Cosa Nostra). Un personaggio che piacque molto e con il quale ho vinto numerosi premi televisivi e oscar della comicità. Qualche tempo dopo, ritrovandomi con lui e rimaneggiando qualche vecchia scrittura mi disse: “Umbè, ma queste cose le scrivevamo noi? Cacchio, eravamo proprio forti!”>>.

L’esperienza televisiva con Mediaset è durata per ben dieci anni, vedendoti protagonista in programmi come “Scherzi a parte”, “Stelle del Mediterraneo”, “Casa Vianello” e poi c’è stato il teatro e le tournée in giro per la Penisola <<dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. Con gli spettacoli “Luoghi comuni”, “Ritratti distratti” e “Non tutti i mali vengono per nuocere”>>.

Infine il ritorno effettivo nella tua Avellino. Raccontaci.

<<Posso dire di aver portato il cabaret in città. Con l’esperienza ventennale di “Sotto un cielo di stelle ridenti” al Regina Margherita, partita nel 1985, e poi con l’altra lunga esperienza del Ferragosto avellinese. Avevo sempre lavorato più fuori che in casa, ma poi l’affetto e la voglia di fare di buono nella propria terra chiamano>>.

Sabato 16 maggio sarai impegnato con la quarta edizione di “Cabarè – Festival Nazionale di Cabaret Città di Avellino – Premio Re di bronzo”, di cui sei Direttore Artistico. Cosa rappresenta per te questo progetto che porti avanti con passione ed entusiasmo?

<<Ho voluto conferire al cabaret una dimensione diversa, quella del premio. Le prime due edizioni si sono svolte al Regina Margherita, mentre dalla terza siamo al Teatro “Carlo Gesualdo”. E’ un lavoro organizzativo e di impiego di risorse molto complesso. L’anno scorso ad esempio è stato completamente autofinanziato. Quest’anno il Comune ci ha dato un contributo e noi a nostra volta lo daremo all’Associazione AMDOS, a cui sarà devoluto parte dell’incasso della serata. Il progetto vuole puntare sui giovani talenti della comicità italiana, offrire loro una vetrina e sostenerli con la nostra esperienza. Con orgoglio posso dire che da tre anni vinciamo il premio nazionale “Bravo Grazie” come miglior festival italiano e che i nostri comici sono alla ribalta televisiva partecipando a programmi di successo>>.

In questo progetto sei supportato e aiutato da tua figlia Alessandra, fotografa molto apprezzata. Quanto conta in ciò che fai la tua famiglia?

<<Tantissimo. Mia moglie e mia figlia mi aiutano molto. Ti rispondo con un aneddoto. Il presidente del circuito nazionale “Bravo Grazie”, Claudio Calì, ha definito me e la mia famiglia una “Piccola impresa meridionale”, parafrasando il noto film di Rocco Papaleo, per sottolineare la nostra unione e la sinergia nel fare le cose con passione e nel raggiungere i risultati sperati>>.

Qual è il consiglio migliore che hai ricevuto per la tua carriera?

<<Ricordo quello da parte di Giorgio Albertazzi, che lavorava a uno spettacolo insieme a mio cugino Gianfranco Barra, e con i quali mi trattenni a cena a fine spettacolo. Mi disse: “Il mio consiglio? Coltiva sempre il tuo orticello che poi sarà quello a darti soddisfazioni”. Niente di più vero>>.

Il consiglio, invece, che vuoi dare tu a chi vuole seguire le tue orme?

<<Bisogna essere capaci di annusare i tempi. Le condizioni cambiano e chi vuole fare bene deve avere l’abilità di adeguarvisi>>.

Come ci vogliamo salutare?

<<Prendendo spunto dal rito scaramantico e beneaugurante che gli attori fanno prima dell’inizio di uno spettacolo (“Merda, merda, merda!!!”), voi mi direte ma siamo in un mare “di merda” va bene d’accordo ma l’importante e che ce ne sia per sia per tutti!>>.

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