Una morte lenta con torture e mutilazioni: nessuna pietà per Simona Monti

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Una morte lenta, senza alcun colpo di grazia. L’autopsia sui corpi dei nove italiani uccisi nell’attentato di Dacca, in Bangladesh, rivelano segni di torture, tagli provocati da armi affilate, forse machete, mutilazioni, tracce di proiettili e di esplosivo. Gli esami sulle salme delle vittime sono stati eseguiti nel policlinico Gemelli di Roma. Anche per Simona Monti, 33 anni sorella di Don Luca parroco di Santa Lucia di Serino, al quinto mesi di gravidanza le torture sono state indicibili.

Secondo quanto riportato, il modo atroce in cui sono stati uccisi gli ostaggi rappresenta una anomalia negli attentati jihadisti nei quali, solitamente, gli omicidi sono più rapidi.

Altra anomalia è legata al fatto che nessuno degli attentatori, che hanno usato diverse armi, dai machete ai kalashnikov, si sia fatto esplodere.

Intanto la Procura di Roma indaga ed il pm ha firmato il nulla osta per il rilascio delle salme ai famigliari che potranno organizzare i funerali dei defunti.

Le salme sono arrivate il 5 luglio all’aeroporto di Ciampino: ad attendere l’aereo c’erano il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha deciso di interrompere anticipatamente il suo viaggio in America latina, e il ministro degli esteri Paolo Gentiloni.

Dopo la benedizione dei feretri il capo dello Stato ha reso omaggio alle salme.

 

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