Turismo in Irpinia.Vino, Paesaggi, Chiese e Castelli non bastano

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Castello normanno di Ariano Irpino
Castello normanno di Ariano Irpino

Le risorse paesaggistiche, i beni storico-archeologici, i paesaggi e l’enogastronomia possono essere la chiave di volta dello sviluppo del Turismo in Irpinia ma non bastano. Vediamo perchè.

Spesso si parla del rilancio del turismo in Irpinia e della valorizzazione dei beni culturali della nostra provincia e tante sono le iniziative portate a termine o in programma per i prossimi mesi dalle amministrazioni locali e dalla Regione Campania.

E’ sotto gli occhi di tutti che le risorse paesaggistiche, i beni storico-archeologici, i paesaggi e l’enogastronomia possono essere la chiave di volta dello sviluppo del Sud, sembra però che riesca molto difficile l’impresa di mettere realmente a sistema queste risorse, tutte al servizio di un progetto più grande delle singole realtà, che sappia comunicare in maniera efficace con il resto del mondo.

Sul tema del turismo culturale abbiamo chiesto l’opinione di Giampiero Galasso, archeologo, giornalista scientifico per la testata nazionale Archeo, consulente dal 1986 per la Soprintendenza Archeologica di Salerno, autore del libro “I comuni dell’Irpinia. Storia, arte, monumenti” (1992, oltre 10.000 copie vendute) e di “Torri e castelli in Irpinia” e, sin dagli anni ’80, di centinaia di articoli di divulgazione sulla storia e sui giacimenti culturali della nostra provincia.

Qual è, secondo Lei, la reale portata del nostro patrimonio storico-artistico e la sua effettiva proficua utilizzazione ai fini di un turismo culturale?

“Negli ultimi anni si sono visti tantissimi progetti finalizzati al recupero delle nostre testimonianze storico-culturali e molti finanziamenti sono stati dirottati per la rivalutazione del patrimonio culturale, come non si era mai prima. Senza dubbio, gran parte del merito va riconosciuto alla sensibilità dell’Amministrazione Provinciale, che è riuscita ad ottenere finanziamenti per la realizzazione di mostre, progetti, partecipazioni a borse turistiche e tante pubblicazioni volte al rilancio della nostra provincia. Il problema è che l’Irpinia è soprattutto una terra ricca di chiese e chiesette (quasi 500 edifici di culto), molte delle quali restaurate dopo il sisma del 1980, ma il più delle volte chiuse al pubblico o aperte solo per lo svolgimento delle funzioni liturgiche e parrocchiali con orari coincidenti con quelli di messe e celebrazioni eucaristiche. Pertanto, proporne una visita è difficile e un visitatore che capiti in uno dei nostri paesi segnalati dalle tante guide turistiche, anche on-line, ha poche possibilità di ammirare l’interno di chiese e cappelle (gran parte di loro risalgono al Sette-Ottocento) e visionarne le opere d’arte (dipinti, arredi sacri, sculture): ci si deve accontentare della fabbrica esterna dell’edificio di culto, mentre le preziose opere d’arte contenute, già in gran parte perdute in passato a causa di terremoti, furti, trasferimenti e incuria, restano comunque sconosciute ai non addetti ai lavori”.

In Irpinia però non ci sono solo chiese…

“E’ vero: ci sono una settantina di castelli, molti dei quali, purtroppo, allo stato di rudere già prima degli eventi sismici, per cui immaginare com’erano un tempo è difficile per il turista medio, che si accontenta della visione delle murature esterne. Ad esclusione del castello di Lauro (privato), di Bisaccia, oggi tra i più visitati in provincia, e quello di Torella dei Lombardi, sede di un museo civico e di manifestazioni culturali, gran parte degli edifici castellati irpini, anche quelli restaurati e resi fruibili, sono chiusi al pubblico o aperti in occasioni particolari attraverso richieste e permessi vari. Restano del patrimonio storico-artistico irpino alcuni palazzi nobiliari, una serie di fontane monumentali, tantissimi portali lapidei e case palazzate ottocentesche: ma tutti questi sono beni architettonico-culturali posseduti dal novanta per cento dei comuni italiani. Le aree archeologiche visitabili, invece, si riducono al momento a tre: quella di Aeclanum (Passo di Mirabella), dove si ammirano le aree messe in luce mezzo secolo fa; Abella (Avella), con i suoi mausolei funerari e l’anfiteatro, quest’ultimo aperto di recente al pubblico e Compsa (Conza della Campania), dove si può accedere su richiesta”.

Quindi, perché un turista dovrebbe scegliere per le sue vacanze culturali l’Irpinia e non il resto delle province campane, che offrono, a questo punto, le stesse attrattive con in più la possibilità di soggiornare lungo le coste?

“Credo soprattutto per le caratteristiche del paesaggio e per la ricchezza più importante che questa terra ha saputo dare, il vino. E’ su questo, credo, insieme al patrimonio culturale, che bisognerà contare – come stanno già facendo molti operatori del settore e amministratori concreti grazie anche a progetti mirati, come quello della Filiera enogastronomica per uno sviluppo serio di pacchetti turistici da proporre ai visitatori italiani e d’oltralpe. I centri storici, i palazzi, i castelli e le numerose chiese devono essere ben tenuti, resi funzionali, salvati dalla distruzione, ma possono essere obiettivamente inseriti solo come integrazioni negli itinerari delle “città” del vino e dell’offerta di pregevoli prodotti gastronomici con cui attirare seriamente i turisti, che per lo più giungono in Campania per visitare Napoli, la Reggia di Caserta o gli scavi di Pompei, Ercolano e Paestum. I nostri vini, invece, sono noti ovunque nel mondo e ottengono continui riconoscimenti, mentre le nostre residenze castellate e le nostre chiese non si diversificano dalle migliaia di tante altre sparse in tutta la penisola”.

E tutte le iniziative dei comuni irpini di proposte di visita a monumenti e opere d’arte?

“I vari comuni della nostra provincia, attraverso le Pro Loco o storici locali, sono tentati spesso a essere un po’ troppo campanilisti nel proporre itinerari culturali. Si tende sempre a magnificare i propri beni e le proprie radici storiche: ma sappiamo che l’80 per cento dei nostri 118 comuni sono nati in epoca bassomedievale, hanno avuto uno sviluppo lento e povero arrestato dal feudalesimo, sono stati ricostruiti più volte a causa dei tanti terremoti che hanno colpito la provincia nel corso dei secoli: quindi, niente di veramente straordinario… E poi l’endemica mancanza di fondi non ha finora permesso la fruizione reale di molti agglomerati urbani medievali. A dare qualche speranza in più all’offerta turistico-culturale sono state le recenti aperture negli ultimi anni di diversi contenitori museali nella nostra provincia (40 tra raccolte, antiquarium e musei di riconoscimento regionale), di piccole e grandi dimensioni, che vedono in esposizione reperti che abbracciano un arco di tempo vasto, dalla preistoria all’età contemporanea, con ampi spazi dedicati alla civiltà contadina e dislocati strategicamente in diversi paesi”.

La Sua potrebbe apparire però una visione troppo limitata.

“Non credo. E’ la realtà dei fatti a darmi ragione. Finora i pochi turisti che giungono in Irpinia, secondo le recenti indagini statistiche regionali relative alle presenze alberghiere, sono prevalentemente condotti qui da motivi religiosi (santuari di Materdomini o Montevergine) o taumaturgici (Torre le Nocelle) o dai tanti centri di ricezione agrituristica che propongono vini doc abbinati a specialità locali. Poi c’è il turismo mordi e fuggi delle sagre estive, quello dei napoletani e casertani sui monti irpini (Partenio, Terminio, Laceno) e quello – limitato – delle solite gite scolastiche. Scarsissimo è il turismo “ufficiale””.

Oggi continuano a essere finanziati nuovi progetti in ambito regionale mirati allo sviluppo delle risorse storico-turistiche e ambientali della nostra provincia…

“Spero che questo flusso di denaro che continua ad arrivare non sia utilizzato solo per accontentare i destinatari di appalti, incarichi professionali e consulenze. Spero, fra l’altro, che si tenga conto delle professionalità locali e non di quelle provenienti da fuori provincia, che, fra l’altro, non credo amino più di tanto la nostra terra se non per il fatto che offre loro lauti guadagni! Spero che i progetti siano stati e saranno effettivamente portati a termine, ma credo vivamente che al di là delle prospettive di cui ho detto, non vedremo mai in Irpinia grossi flussi turistici finalizzati esclusivamente alle risorse storico-artistiche. Dobbiamo concentrare la nostra attenzione, come vedo si sta facendo da qualche anno, anche e soprattutto sulla valorizzazione dei prodotti vitivinicoli e delle specialità gastronomiche locali, sul rispetto e la conservazione del paesaggio e cercare naturalmente di tutelare al meglio le testimonianze culturali che abbiamo ancora, trascurando – se non ci sono abbastanza fondi – quelle del tutto inutili e improduttive. Solo così potremo offrire l’originalità di seri e concreti pacchetti turistici non improvvisati o “forzati”, la curiosità e l’abbinamento di formule di viaggi concreti e non usuali, per cui un giorno potremo finalmente vedere muoversi anche dal centro-nord gruppi di persone spinte dal desiderio di vedere il nostro territorio per la combinazione delle risorse che esso è in grado di offrire”.

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