Tumore ai polmoni – Chemio sostituita da pillola. Lo spiega Gridelli

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Roma – E’ in corso di svolgimento nella capitale il Congresso di Oncologia: il focus sull’incidenza del tumore al polmone in Campania, la nuova terapia sperimentata. Esperti da tutto il mondo si stanno confrontando infatti sulla nuova terapia, giunta anche in Italia, che fa regredire il tumore. Si fa a casa: basta una compressa al giorno. Un evento miliare che segna l’inizio del tramonto della chemioterapia. Non esultino i fumatori: per loro questi nuovi farmaci non funzionano. La terapia infatti agisce su pazienti con tumore ‘non a piccole cellule’ e con una particolare mutazione genica. Al meeting internazionale anche Cesare Gridelli, Direttore del Dipartimento di Onco -Ematologia e dell’Unità Operativa di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera “San Giuseppe Moscati” di Avellino.
Gridelli spiega perché la compressa funziona solo se c’è la mutazione genica. “Lo studio clinico multicentrico randomizzato di fase III TORCH (Tarceva or Chemotherapy) che ha coinvolto 40 centri italiani e 10 canadesi (che ho coordinato insieme ai colleghi Ronald Feld di Toronto, Charles Butts di Edmonton, Fortunato Ciardiello, Ciro Gallo e Francesco Perrone di Napoli e sponsorizzato dall’Istituto Tumori di Napoli) dimostra che il tumore del polmone ‘non a piccole cellule’ può essere aggredito dal farmaco biologico erlotinib: basta una compressa al giorno, nessuna chemioterapia, ma solo in presenza nel tumore di una particolare mutazione genica chiamata EGFR. Adesso viene utilizzato in seconda o terza battuta dopo la chemioterapia. Lo studio dimostra che può essere utilizzato in prima battuta non su tutti i pazienti, ma solo in soggetti con la mutazione genica EGFR. I pazienti – 760 non selezionati – sono stati divisi in due gruppi. Quelli del primo gruppo sono stati trattati inizialmente con la chemioterapia tradizionale e, successivamente, a quelli che hanno mostrato un peggioramento è stata somministrata la compressa. I pazienti del secondo gruppo, invece, hanno ricevuto subito il farmaco biologico e successivamente, in caso di peggioramento, la chemioterapia tradizionale. Dallo studio, che illustrerò ampiamente al vertice di Roma dopo la relazione orale all’ASCO a Chicago, è emerso che l’erlotinib in prima battuta non funziona e quindi non va usato in prima linea indiscriminatamente su tutti i pazienti ma funziona maggiormente nei pazienti con tumore con mutazione di EGFR. Mutazione presente, soprattutto, nei non fumatori e nelle donne”.
“In pazienti con tumore ‘non a piccole cellule’ – aggiunge Gridelli – è possibile trovare, ancora una volta esaminando il tessuto prelevato con la biopsia, una nuova mutazione genica, denominata ALK (Anaplastic Linfoma Kinasi). Ebbene, in questi soggetti somministrando come prima linea di trattamento un farmaco biologico il cui nome chimico è crizotinib, anche questo con una compressa giornaliera, si ottiene una regressione tumorale nel 90 per cento dei casi. Inoltre, in circa la metà in soggetti pretrattati che avevano ricevuto più cicli di chemioterapia si ottengono grandi vantaggi. Purtroppo la mutazione, anche in questo caso, è presente quasi sempre in chi non ha fumato e in chi ha smesso da molto tempo. Si trova nel cinque per cento di tutti i pazienti con tumore polmonare, fumatori e non. Sembra poco ma si va ad aggiungere a quel dieci per cento che presenta l’altra mutazione genica. C’è poi un altro farmaco biologico, il nome chimico è bevacizumab, anticorpo monoclonale inibitore dell’angiogenesi che blocca il fattore di crescita endoteliale, in pratica “affama” il tumore. Si può utilizzare solo nel cancro tumore ‘non squamoso’ che è presente soprattutto nel non fumatore dove prevale, invece, il tumore ‘squamoso’. Ancora una volta a rimetterci sono i fumatori”.

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