Tragedia di Lioni, i magistrati della Corte di Appello di Napoli rivedono la condanna nei confronti di Marco Della Vecchia, condannato in primo grado a cinque anni e quattro mesi di reclusione per omicidio preterintenzionale del fratello Antonello e ne dispongono anche la revoca della misura cautelare ( quella applicata degli arresti domiciliari). Si è chiuso così il processo di secondo grado davanti ai magistrati della IV Sezione della Corte di Appello di Napoli. La difesa del giovane imputato , rappresentata dagli avvocati Generoso Pagliarulo e Michele Manzella, ha ottenuto non solo la liberazione dell’imputato ma anche un ulteriore riduzione della condanna inflitta in primo grado. Quella passata da cinque anni e quattro mesi a quattro anni, cinque mesi e dieci giorni. L’ accusa resta quella di omicidio preterintenzionale.
IL FATTO
La tragedia avvenuta nella notte tra il 4 e il 5 ottobre del 2020 in Contrada Procisa Vecchia a Lioni, quando al termine di un violentissimo alterco tra Marco (l’imputato)e Antonello (la vittima) il primo gli aveva sferrato un fendente alla coscia, causando però un emorragia che avrebbe portato in poco tempo alla morte del congiunto, avvenuta presso il nosocomio di Sant’Angelo dei Lombardi . Una tragedia scaturita da un futilissimo motivo, il fratello che era rincasato a tarda notte era stato aggredito perché non aveva portato la birra al suo congiunto. Una lite finita in tragedia. Marco era stato il primo a fornire soccorso al fratello ferito. Dalle indagini dei Carabinieri era subito emersa la responsabilità del fratello. Per Marco la Procura di Avellino aveva chiesto la contestazione di omicidio volontario. Qualificazione giuridica esclusa sia in sede di convalida del fermo disposto dal pm che dal Riesame, dove la difesa aveva ottenuto il riconoscimento pieno della riqualificazione valutata dal Gip del Tribunale di Avellino Paolo Cassano. L’accusa di omicidio preterintenzionale. Il 17 gennaio 2022 era arrivata la sentenza di primo grado, quella emessa dal Gup del Tribunale di Avellino Marcello Rotondi.
Nella sentenza si leggeva che , in riferimento al fendente rilevatosi poi fatale: “tale colpo non fu certo sferrato con volontà omicida, ma fu sorretto da un intento lesivo e la condotta delittuosa difetta sia del requisito della necessità che della proporzione”.