Marco Grasso – “Avevo quattro anni nel 1980, non posso che avere un ricordo confuso di quella drammatica notte, anche se poi, con il passare dei giorni e delle settimane, mi è bastato poco per capire quello che era successo”. Il sindaco di Lioni Yuri Gioino prova a mettere insieme i dolorosi e drammatici ricordi di quella “malanotte”, 38 anni dopo. “Ero in casa con mia madre e mio fratello. Ricordo che mio padre era fuori e tornò dopo poco. Ma lo vidi per pochi minuti, perchè andò subito via per aiutare chi era in difficoltà”. Lioni è stato uno dei paesi maggiormente devastato dalla furia della natura che, il 23 novembre del 1980, sconvolse buona parte dell’Irpinia.
Sindaco, cosa le è rimasto più impresso di quella notte e dei drammatici giorni della prima emergenza?
La solidarietà, la grande rete di umanità che si mise immediatamente in moto. L’altro giorno ho parlato a lungo con un volontario che, in quei giorni, fu impegnato in prima linea. Incalzato dalle mie domande, dalla mia curiosità mi ha fatto notare che allora ci si muoveva in un contesto completamente diverso, in cui anche una telefonata era impresa assurda. Può sembrare una banalità, ma senza i telefonini e le attuali tecnologie era complicatissimo anche rintracciare una persona. Spesso le ricerche andavano avanti per ore, per giorni interni.
Prego, continui.
Questo fa capire come è stato tutto più difficile in una terra in ginocchio e alle prese con un fenomeno che si faceva anche fatica a capire, ad interpretare. Mi interrogo spesso sugli sforzi fatti all’epoca e non posso non arrivare alla conclusione che la ricostruzione in Irpinia sia stata un modello, un esempio, svolgendo un fondamentale ruolo di apripista per l’intero Paese.
Anche lo sviluppo industriale è stato un modello?
Io distinguerei tra ricostruzione privata e le scelte legate allo sviluppo. La sfida dello sviluppo non è stata vinta e, molto probabilmente, si poteva scegliere una strada diversa. Anche allora c’era chi non la pensava come chi ha poi deciso, e mi riferisco in particolare ad un gruppo dirigente della Sinistra che immaginava e proponeva un altro modello di sviluppo. Questo solo per rispetto della storia e della verità, perchè è chiaro che, a distanza di tanti anni e con il senno del poi, certi ragionamenti contano relativamente.
A chi va il primo pensiero nel giorno della memoria?
Sicuramente alle tante vittime di quella tragedia, ma anche allo straordinario momento di condivisione e solidarietà che ci ha permesso di rialzarci e di ricostruire una nuova comunità che ha consentito alle nuove generazioni di vivere nelle terre dei loro padri, dei loro nonni.
Ma oggi, secondo lei, l’Irpinia è più sicura di allora?
Io credo di sì, ma questo non deve farci abbassare la guardia. Le comunità sono state ricostruire in base agli indici di vulnerabilità di allora ed ora, grazie anche ai fondi ministeriali, vanno adeguate, a partire dalle scuole che meritano sicuramente la priorità. Bisogna continuare a lavorare sulla prevenzione, sempre. E’ una strada obbligata se vogliamo davvero assicurarci un futuro più sicuro. Penso, ad esempio, ai piani comunali di Protezione Civile.
Il piano di Lioni è pronto? Molti comuni sono ancora in ritardo.
Come comune ci siamo dotati di un app che tutti possono scaricare. Si tratta di un piano in cui sono dettagliate le aree di sosta e di attesa in caso di emergenza. I cittadini ora sanno come muoversi, cosa fare in caso di terremoto, ma anche di altra calamità naturale più o meno prevedibile. Ma non possiamo fermarci: bisogna insistere sulle simulazioni, a partire dalle scuole, dai giovani. Dobbiamo essere tutti pronti ad affrontare eventuali situazioni di emergenza. Lo dobbiamo anche alle tante vittime del terremoto del 1980.