SPECIALE/ Terremoto 1980, anche chi non c’era non può “dimenticare”

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  1. Pasquale Manganiello – Trentasette anni fa, ore 19.34. E’ già sera, un primo boato e poi soltanto macerie. Lì sotto donne premurose e innamorate che attendevano i propri mariti per la cena, nonni e nonne in attesa di raccontare un’altra favola ai propri nipoti, tifosi che esultavano nei bar dopo il successo dell’Avellino sull’Ascoli, bambini qualche secondo prima festanti alla rincorsa di un pallone per strade antiche, tra palazzi segnati dal tempo.

Poi le tremende scosse che distrussero l’Irpinia e i circa 3000 morti, i 10000 feriti, innumerevoli famiglie sfollate in ben 103 comuni della Provincia irpina.

“Fate Presto” titolava “Il Mattino, due parole emblematiche di una tragedia epocale.

Il compianto presidente Pertini era lì nel luogo della disperazione e le sue parole raccontavano i ritardi dei soccorsi e la morte in troppi occhi spenti, visti da vicino.

“Sono tornato ieri sera dalle zone devastate dalla tremenda catastrofe sismica, dove ho assistito a spettacoli che mai dimenticherò… E ho constatato che non vi sono stati quei soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ci sono state mancanze gravi e chi ha mancato deve essere colpito… Non servono nuove leggi, le leggi che ci sono devono essere applicate… A distanza di tredici anni dal terremoto nel Belice non sono state ancora costruite le case promesse. Eppure allora furono stanziate le somme necessarie. Dove è finito questo danaro? Chi ha speculato sulla disgrazia del Belice?”.

Sandro Pertini

Sandro Pertini

Nessuno ha dimenticato. Nessuno deve dimenticare, nemmeno chi non c’era.

Il popolo irpino, fiero come non mai, è ripartito, ha reagito, ha dato segno della forza di questa terra. Ma questo 23 Novembre deve avere in sè una chiave diversa al di là di commemorazioni e celebrazioni.

Se ancora si scende in piazza perchè gli edifici in cui i nostri figli, i nostri fratelli, i nostri nipoti vanno a scuola, significa che quel cambio di passo non c’è stato, significa che lo scorrere lento delle lancette continua ad indicare solo ricordi dolorosi ed immagini di morte. Non si può attendere una nuova tragedia prima di agire. Ciò non fa onore alla nostra gente, né può essere un leitmotiv negativo di ciò che come irpini abbiamo fatto per la nostra terra. La nostra classe dirigente ha nelle proprie mani il futuro delle nuove generazioni e questa è una responsabilità grandissima.

Il pensiero di quel disastro, la memoria di quanto accaduto deve restare un valore.

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