Teatro Gesualdo, il verdetto di Appello: Cda privo di potere di controllo contabile

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AVELLINO- “L’appello non consente di superare le argomentazioni del primo Giudice che ha fatto leva da un lato, sulla natura dei poteri dei componenti del cda di mero indirizzo e controllo e privi di poteri di controllo contabile e dall’altro sulla impossibilità per i componenti del collegio dei revisori dei conti di materiale accesso ai valori presenti in cassa”.

E’ uno dei passaggi delle sentenza del 7 maggio scorso dei magistrati della II Sezione Penale della Corte di Appello di Napoli nel processo di secondo grado sulla gestione del Teatro Gesualdo con la quale e’ stato in parte dichiarato inammissibile e per il reato di peculato invece rigettato il ricorso della Procura di Avellino contro la sentenza del maggio del 2022 con la quale il Gup del Tribunale di Avellino aveva prosciolto dalle accuse a vario titolo di peculato, abuso d’ufficio e falso ideologico i componenti dell’allora Consiglio di Amministrazione, Luca Cipriano, difeso dall’avvocato Benedetto Vittorio De Maio, Salvatore Gebbia, difeso dall’avvocato Gaetano Aufiero e Carmine Santaniello, difeso dall’avvocato Sabato Moschiano insieme ai componenti del collegio dei revisori dei conti Ottavio Barretta, difeso dagli avvocati Carmine Danna e Francesco De Beaumont, Antonio Savino difeso dagli avvocati Luigi Petrillo e Italo Benigni e Antonio Pellegrino, difeso dall’avvocato Benedetto Vittorio De Maio oltre agli affidatari del servizio di contabilità, Marino Giordano difeso dall’avvocato Fernando Taccone e Mario Ziccardi, difeso dall’avvocato Teodoro Reppucci.

Bisogna ricordare che gia’ in sede di discussione lo stesso Sostituto Procuratore Generale aveva chiesto la conferma del giudizio di primo grado. I magistrati della Corte di Appello hanno anche aggiunto che rispetto ai presunti responsabili della cassa del Teatro vi era stata: “la richiesta rivolta a costoro dai revisori dei conti nel gennaio 2015 ad una più corretta tenuta delle scritture contabili (tenute in maniera caotica e frammentaria) dimostra ex se l’impossibilità di rendersi conto delle condotte appropriative”.

Per i giudici di Appello: “le censure dell’appellante, per la verità formulate al limite della stessa ammissibilità in quanto a stento si confrontano con le argomentazioni del primo Giudice, non possono essere condivise quanto gli elementi di prova acquisiti a carico degli imputati”.

Per la Procura infatti gli elementi si sarebbero prestati a valutazioni alternative, anzi “suscettibili di diversa valutazione anche a seguito di future acquisizioni probatorie e in dibattimento”. Non la pensano cosi’ i giudici di secondo grado, in particolare per il fatto che la Procura, come si legge nelle motivazioni della sentenza: “pare obliterare quanto emerso nel giudizio di responsabilità erariale dinanzi alla Corte dei conti (impregiudicata ovviamente ogni diversa valutazione nel giudizio di conto a carico del coimputato Bavaro) ove ampiamente si censura la genericità dell’indagine che è la prova principale dell’odierno procedimento, tale da impedire persino l’accertamento in punto di effettiva ricostruzione degli ammanchi.

Si tratta di elemento che, per la verità, già di per sé arreca un vulnus significativo se non proprio insuperabile alla prospettazione accusatoria e che ben giustifica la formulazione in termini negativi del giudizio prognostico oggi imposto dall’art. 425 co.3 c.p.p. in termini di ragionevole previsione di condanna”.