Sul New York Times l’esegesi dell’Aglianico irpino

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L’Aglianico alla conquista del mercato americano.

L’edizione online del New York Times, tra i quotidiani più famosi al mondo, in un recente articolo a firma del critico gastronomico Eric Asimov, ha dedicato uno speciale alle uve simbolo della Campania e della Basilicata da cui si ottiene uno dei rossi di grande struttura più noti nel Bel Paese.

L’Aglianico è l’uva che firma il Taurasi in Campania e l’Aglianico del Vulture, appena sopra il confine sulle colline della Basilicata.

Nelle Americhe e negli States in particolare, le uve Aglianico stanno man mano prendendo possesso del mercato.

Così scrive il critico Asimov: “L’Aglianico è forse il meno conosciuto dei grandi rossi d’Italia, almeno negli Stati Uniti. Non ha forse il rispetto di un nebbiolo del Piemonte o di un Sangiovese della Toscana, né è un vino di moda come può esserlo un Nerello Mascalese della Sicilia. Questo ci spiega in parte perché per gli americano è quasi un’impresa trovare buoni Aglianico”.

“Eppure – continua Asimov – l’Aglianico soddisfa i criteri di grandezza dei rossi. Le uve Aglianico possono essere sia potenti che delicate, di lungo invecchiamento e di meditazione, specialmente quando coltivate da mani attente e rispettose”.

Di qui, parte l’elogio alla terra irpina e alla zona del Taurasi. “I migliori vini di queste terre condividono una densità di sapori con una alta acidità e tannini potenti, elementi che permettono a questi grandi vini di invecchiare per anni. Non molto tempo fa, ho bevuto un Taurasi 1968 di Mastroberardino, il pioniere in Campania di questa varietà, un vino tanto giovane quanto assai complesso”.

Come i grandi rossi, conclude l’articolo del New York Times, anche le uve Aglianico esprimono qualcosa in più rispetto al semplice concetto del terroir: “Esse rappresentano il senso di appartenenza alla propria terra e l’attaccamento alla cultura e alle tradizioni. E il loro effetto è coinvolgente”.

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