Già succede in diversi paesi del mondo, dall’India al Medio Oriente, e probabilmente la prassi si svilupperà in tutto il mondo.
Gli hotel americani avranno un metal detector all’entrata.
E’ questa una direzione (neanche tanto inattesa) che ha imboccato in poche ore il dibattito americano sulla strage di Las Vegas.
Non una seria discussione sullo sproporzionato uso delle armi negli Usa, bensì nuovi lunghissimi controlli che appesantiranno il nostro stile di vita senza risolvere il problema alla base.
Più di cinquanta morti, oltre cinquecento feriti. Il bilancio è quello della peggiore strage da armi da fuoco della storia degli Stati Uniti. Las Vegas, la cattedrale del divertimento, la città icona nel mezzo del deserto del Nevada, è stata sconvolta nella notte quando un uomo ha aperto il fuoco contro il pubblico, 40 mila persone, che partecipava a un concerto del Route 91 Harvest Festival, rassegna di musica country. Le raffiche sono partite dalle finestre del 32esimo piano del Mandaly Bay Hotel, l’ottavo albergo più grande del mondo, oltre tremila camere, 24 ascensori, un casinò di oltre 12 mila metri quadrati. A sparare, prima di rivolgere l’arma contro se stesso, è stato Stephen Paddock, un pensionato americano di 64 anni, “un investitore multimilionario che aveva fatto una fortuna nel settore immobiliare”, dice di lui il fratello Eric.