Strage di Acqualonga, le famiglie delle vittime scrivono a Di Maio

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“Illustre signor ministro, chi le scrive ha perso i genitori nella strage del bus caduto il 28 luglio 2013 dal viadotto Acqualonga della A16, gestita da Autostrade per l’Italia, a causa di una barriera di sicurezza che sicura non era”. E’ l’incipit della lettera inviata al ministro Luigi Di Maio da Giuseppe Bruno, a nome di tutti i parenti delle vittime.

“Dopo la tragedia, ho fondato un’associazione, perché ci sono 40 vittime e altrettante famiglie che attendono giustizia da cinque anni. Forse inizieranno ad averla il prossimo 11 gennaio, quando il Tribunale di Avellino pronuncerà la sentenza di primo grado. Ma il sacrificio di chi non c’è più, le sofferenze fisiche dei feriti e quelle dell’animo di parenti e amici non avranno senso se alla fine non avremo reso più sicure le autostrade nel loro aspetto strutturale”.

“La tragedia di Acqualonga ha per la prima volta squarciato il velo di omertà che da decenni avvolge gli investimenti dei gestori autostradali e i rincari dei pedaggi: quella barriera doveva essere riqualificata, come da impegno preso da Aspi con lo Stato in sede di convenzione. Ma restò quella del 1988 e nessuno ebbe da ridire. Né la politica né l’amministrazione né la grande stampa. Silenzio. Un muro di gomma”.

“È per questo che la scorsa estate, dopo la tragedia del Ponte Morandi, per la prima volta in cinque anni, ho sentito che in questo Paese esiste un Governo in grado di portare avanti una battaglia per indurre i gestori autostradali a rispettare davvero gli impegni verso lo Stato e verso gli utenti (che poi, alla fine, sono la stessa cosa). Per la prima volta ci ho creduto. E ci credo ancora oggi”.

“Così ritengo giusto chiederle di presenziare alla lettura della sentenza, l’11 gennaio al Tribunale di Avellino. Sarà un modo per dare un segnale forte, ai gestori e agli utenti”.