Strage Bus, l’avvocato Preziosi difende la Ceriola: “Firma non sua, va assolta”

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Renato Spiniello – “Antonietta Ceriola non ha inserito nel sistema informatico l’esito delle revisioni effettuate sul bus finito nella scarpata, in quanto, come dimostrato nel corso delle udienze, in quel momento non si trovava fisicamente al lavoro. Le credenziali di accesso le sono state sottratte o carpite, e anche se le avesse cedute a qualcuno non avrebbe potuto sapere l’uso a cui sarebbero state destinate”.

Nel corso del processo sulla strage del viadotto Acqualonga del 28 luglio 2013, in cui persero la vita 40 persone, è l’ex sindaco di Avellino e avvocato penalista Massimo Preziosi a difendere l’imputata, sua assistita, ex dipendente della Motorizzazione Civile di Napoli per cui i pm hanno chiesto 9 anni di reclusione.

Preziosi ha ribattuto chiedendo l’assoluzione della sua assistita, citando anche una sentenza della Corte di Cassazione del 2 febbraio 2016 in un processo analogo: “Allora gli imputati furono tutti assolti per non aver commesso il fatto, in quanto vi erano seri dubbi che le credenziali d’accesso fossero state inserite proprio da loro”.

Le responsabilità, secondo il legale, sarebbero tutte da attribuire al collega della Ceriola, Vittorio Saulino (“la sua firma come dimostrato è autentica”), all’imperizia, alla negligenza e all’incapacità dell’autista Ciro Lametta (deceduto nella caduta) e alla società autostradale.

“Molti dei testimoni – ricorda Preziosi – prima dell’ingresso del bus nel tunnel sull’A16 hanno consigliato all’autista di fermarsi perché evidentemente qualcosa non andava nel mezzo. Lui ha deciso comunque di proseguire, tra l’altro, sempre come raccontato in Aula dai superstiti, il pullman al momento dell’impatto con le barrire New Jersey era privo di controllo perché Lametta stesso non era cosciente”.