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Spedizione punitiva in città, le celle telefoniche scagionano un ventiseienne

Avellino – Accusato di aver partecipato ad una violenta spedizione punitiva nei pressi dell’ex Ospedale Capone a San Tommaso, viene “scagionato” da una consulenza sul telefonino.

A distanza di cinque anni dalla vicenda processuale e dai fatti avvenuti nella città capoluogo nel febbraio 2018, un ventiseienne dell’hinterland avellinese, assistito dall’avvocato Matteo Raffaele Fimiani è stato assolto dall’accusa di lesioni aggravate: per non aver commesso il fatto. Questa la decisione del giudice monocratico del Tribunale di Avellino Lucio Galeota, che ha ritenuto insufficienti e non certa la presenza del ventiseienne sul luogo dell’aggressione avvenuta nel capoluogo da parte di un gruppo di persone (almeno quattro con volto travisato) che avevano procurato alla vittima lesioni con una prognosi di venti giorni.

IL FATTO
Il processo è nato da una violenta aggressione subita all’epoca dei fatti da un operaio della zona, che, come ogni mattina si era recato al bar per fare colazione e mentre si apprestava a raggiungere la sua vettura era stato brutalmente aggredito da quattro persone, che solo a causa dell’intervento di alcuni passanti e alle urla di questi, avevano desistito dal continuare la violenta aggressione. Non prima però di aver procurato alla “vittima” lesioni referente al Moscati con una prognosi di venti giorni. Le indagini erano state condotte dagli agenti della Polizia. E proprio gli accertamenti avevano portato ad identificare due persone. L’imputato, A.R, classe 96 e un altro soggetto (la cui posizione era stata stralciata). Due i principali sui quali si fondava la tesi dell’accusa. Il primo. La vettura sulla quale il gruppo che avrebbe compiuto il raid in Via Due Principati sarebbe giunto sul posto a bordo di una Toyota riconducibile all’imputato. L’altro indizio era legato alla cella telefonica. Secondo gli inquirenti quella del ventiseienne avrebbe agganciato celle compatibili con la zona dove era avvenuto il raid.

LA CONSULENZA
Proprio su questo secondo aspetto è stata decisiva la consulenza tecnica che l’avvocato Fimiani ha portato all’attenzione del Tribunale. Il professionista che si è occupato della consulenza tecnica ha accertato infatti che nella fascia oraria in cui era avvenuta l’aggressione, ovvero tra le 7:13 e le 7:57 il telefono in uso all’imputato era agganciato sulla cella telefonica di Capriglia Irpina, quindi non su quella di Via Due Principati. Da qui la circostanza che non è provato che ci fosse sul luogo del raid e la decisione di mandarlo assolto da parte del giudice monocratico di Avellino.

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