Marco Grasso – Nel 2018 la violenza ha fatto prepotentemente breccia anche nel capoluogo irpino. Mai prima di quest’anno si erano registrati tanti episodi di sangue che hanno sconvolto nel profondo la nostra comunità. Nel cuore della città si sono infatti consumati due omicidi efferati, ma non sono mancati altri episodi di violenza che solo per fortuna, soprattutto in un caso, non hanno fatto altre vittime.
Il 18 settembre scorso Avellino vive un pomeriggio di ordinaria follia. Protagonista un uomo che, armato di martello, aggredisce la convivente, colpendola più volte alla testa. L’episodio si consuma in pieno centro e in pieno giorno, lungo Corso Europa. La donna, una polacca di 37 anni, viene miracolosamente salvata dall’intervento dell’ex bomber dell’Avellino Calcio Raffaele Biancolino che, senza pensarci su due volte, si lancia sull’aggressore, bloccandolo e costringendolo alla fuga. C’è sangue ovunque, la comunità avellinese è sotto choc. L’episodio avrà un’eco nazionale, anche per il coraggio non comune di Biancolino.
“Ero nel mio negozio lungo Corso Europa, quando, all’improvviso, ho sentito mia moglie urlare. Mi sono precipitato – racconterà poco dopo Biancolino ai microfoni di Irpinianews – subito all’esterno del locale. Poi, dinanzi a me, una scena cruenta, quasi surreale. Ho visto un uomo colpire una donna più volte con un martello. In quel momento ho pensato solo a dividerli. Mi sono subito messo in mezzo a loro, poi l’uomo ha buttato a terra il martello ed è scappato”.
Pochi giorni dopo, a fine settembre, si consuma un altro fatto di sangue, stavolta nel popoloso rione di San Tommaso. La vittima è Giuseppina Bellizzi, 78 anni, ex dipendente del comune di Avellino in pensione, soffocata con un cuscino. Il presunto assassino è il fratello 71enne, anche lui pensionato. L’uomo viveva a Bologna e, dopo la separazione dalla moglie, veniva spesso ospitato in casa della sorella nel capoluogo irpino.
Poco distante dalla casa della vittima abitava il terzo fratello, chiamato in soccorso dalla vittima o, come pure ipotizzato durante le indagini, dallo stesso aggressore, magari per sviare i sospetti e costruirsi un possibile alibi.
Entrato nell’abitazione, l’uomo viene aggredito e ferito ad una mano dal presunto omicida con un coltello. Ne scaturisce una colluttazione: il fratello aggredito riesce a chiudere in casa il fratello e a scendere in strada per chiedere soccorso. E’ un risveglio traumatico per il quartiere avellinese, scosso da un drammatico episodio che segna una famiglia molto nota.
Il 28 novembre muore Gianmarco Gimmelli, il 32enne presunto omicida di Claudio Zaccaria. Al termine di una mattinata di follia, consumata in pieno centro storico, Gimmelli si lancia dalla finestra dell’appartamento di via Fosso Santa Lucia, davanti agli occhi increduli di passanti e giornalisti.
Il giovane, che era arrivato al Moscati in condizioni disperate soprattutto per una grave lesione interna al rene, muore dopo tredici giorni di agonia. Inutili i tentativi dei medici che, in alcuni momenti, soprattutto nei primi giorni di ricovero, avevano fatto sperare in un epilogo diverso.
Di quella drammatica mattina, Ylenia, la ragazza di Claudio Zaccaria, resta l’unica testimone, l’unica voce in grado di far chiarezza sul terribile episodio che ha sconvolto la comunità avellinese. Colpita alla gola dallo stesso Gimmelli, la ragazza viene ricoverata in ospedale, ma fortunatamente non sarà mai in pericolo di vita.
Niente da fare invece per Claudio, colpita da numerose coltellate in diverse parti del corpo.
Avellino è ancora una volta ferita al cuore, scossa da una violenza inusuale, insolita per una comunità storicamente tranquilla. L’omicidio-suicidio si intreccia con presunti abusi di alcol e sostanze stupefacenti sui quali non si è ancora fatto chiarezza fino in fondo. Anche in questo caso il capoluogo irpino conquisterà l’attenzione dei mass media nazionali.
I protagonisti, tutti giovani se non giovanissimi, riportano al centro dell’attenzione un’emergenza sociale sempre più inquietante. “L’Irpinia non è immune dai fenomeni criminali nazionali”, precisa il Questore Luigi Botte. “Il nostro impegno e la nostra attenzione è massima, tuttavia dobbiamo constatare che le sostanze stupefacenti si stanno diffondendo sempre più tra i giovani in un contesto di malessere generale. Contro le deviazioni sociali occorre grande impegno in primis delle famiglie e poi di scuole e società”.
Negli occhi degli avellinesi resterà impressa a lungo l’immagine di quel ragazzo in bilico sul davanzale della finestra dell’appartamento di via Fosso Santa Lucia. Completamente ricoperto di sangue e fuori di sé, si lascerà cadere del vuoto, dopo aver pronunciato qualche parola più o meno comprensibile e gesticolato confusamente.
Una ruspa, nascosta in un furgone, che entra in azione per sfondare il blindato, la schiuma della cassaforte che protegge in un guscio il bottino. E poi decine e decine di colpi di kalashnikov esplosi mentre le auto in transito venivano speronate.
Una quindicina di malviventi, probabilmente pugliesi, in azione sul raccordo Avellino-Salerno vedono sfumare il colpo da otto milioni, ma un paio di milioni riescono a portarli via.
Il 5 dicembre, teatro il raccordo autostradale all’altezza dell’uscita di Serino, si consuma una scena da far west con un colpo gestito e organizzato nei minimi dettagli. Una macchinazione perfetta che getta nel panico centinaia di persone, bloccando la circolazione per un’intera giornata.
I portavalori della Cosmopol erano diretti ad Avellino per consegnare un ingente quantitativo di denaro contante presso la sede irpina della Banca d’Italia. Dopo il colpo, riuscito solo in parte, i banditi si sono dati alla fuga dividendosi in due gruppi, uno dei quali ha rubato una Fiat Punto ad una automobilista che, insieme ad altre centinaia, è rimasta bloccata sul raccordo. Dopo aver fatto inversione di marcia, i banditi si sono diretti verso Salerno. Da allora nessuna traccia, o quasi, del commando che ha terrorizzato centinaia di persone e bloccato per diverse ore il raccordo autostradale Avellino-Salerno.
Nessun ferito nè spargimento di sangue, ma l’episodio è decisamente inquietante, come sottolineato dal Capo della Procura di Avellino Rosario Cantelmo che, non a caso, parla di “un’azione di guerra contro le istituzioni”, ma anche di un attacco diretto alla collettività, alla gente comune. “C’è chi si è visto un mitra puntato in faccia. Alcuni – aggiunge il procuratore di Avellino – sono stati costretti ad abbandonare la propria auto o a restare bloccati sul raccordo autostradale per ore. Spero che qualcuno cominci a capire che c’è bisogno di maggiore attenzione anche nella provincia di Avellino”.
L’assalto al portavalori della Cosmopol, per come è stato immaginato, pianificato e realizzato, è sicuramente un episodio inedito per la nostra provincia. E la conferma che l’Irpinia non può più essere considerata un’isola felice. Le infiltrazioni malavitose, più o meno organizzate, sono ormai all’ordine del giorno. Il 2018 è l’anno delle rapine e dei furti a ripetizione nelle abitazioni, in città come nel resto della provincia.
Ma il 2018 è stato un anno importante anche sul versante giudiziario. Il processo per la strage di Acqualonga del 28 luglio 2013, quando a bordo di un bus turistico persero la vita 40 pellegrini di ritorno da una gita religiosa, ha attraversato tutto l’anno. La sentenza di primo grado è attesa per il prossimo 11 gennaio.
A processo, accusati a vario di titolo di concorso in omicidio colposo plurimo, disastro colposo e omissioni nella gestione e nel controllo, sono finiti il titolare della Mondo Travel Gennaro Lametta, i due dipendenti della Motorizzazione Civile di Napoli Antonietta Ceriola e Vittorio Saulino, quest’ultimi accusati di falso in atto pubblico per aver tentato di falsificare il documento della revisione del pullman, e 12 tra dirigenti e dipendenti di Autostrade per l’Italia, tra cui l’amministratore delegato Giovanni Castellucci e il direttore generale Riccardo Mollo.
Per gli imputati la pubblica accusa, rappresentata dai pm Rosario Cantelmo e Cecilia Annecchini, ha chiesto tra i 6 e i 12 anni di reclusione.
Dopo le stragi di Acqualonga e, da ultimo, di Genova, dalla Procura di Avellino arriva l’input ad allargare i controlli e le verifiche a tutti i viadotti italiani. Sono undici i viadotti, tutti collocati lungo l’A16 Napoli-Canosa, finiti per il momento nel mirino della Procura della Repubblica di Avellino.
L’inchiesta-bis avviata sui viadotti riguarda le attività di manutenzione eseguite dall’agosto 2013 ad oggi, ed è su questi elementi che la Procura ha deciso di avviare una nuova e più approfondita attività di indagine.
[…] Spiniello – Cominciamo così questo consueto bilancio di fine anno. Dalla fine. Sì, perché se il 2018 è stato l’anno della violenza in Irpinia, culminata – in più episodi – anche col sangue, quella che volge a conclusione sarà […]
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