“Sono uscito sul balcone per spararli in testa”: Genovese era pronto a vendicarsi dei Galdieri

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“Sono uscito sul balcone per spararli in testa”. Solo una delle inquietanti frasi intercettate dagli inquirenti nelle 906 pagine dell’ordinanza cautelare firmata dal Gip di Napoli Fabrizio Finamore che ha accolto le richieste di arresto avanzate dalla Dda partenopea nei confronti di 14 esponenti del nuovo clan Partenio.

A pronunciarla è Damiano Genovese, già sotto processo e ora in carcere, mentre raccontava al fratello Francesco ciò che era avvenuto la notte dello scorso 21 settembre, quando prima lo scoppio di una bomba nell’auto dell’imprenditore Sergio Galluccio e poi i colpi di mitra esplosi contro le auto della famiglia Genovese, avevano fatto piombare nel terrore il capoluogo.

Una serie di atti intimidatori che i magistrati antimafia avevano già ricostruito nel primo filone d’indagine sul nuovo sodalizio criminoso, ma che oggi si arricchiscono di nuovi e scioccanti particolari.

Per chi indaga era lapalissiana da tempo l’ostilità creatasi tra i Galdieri, nuovi vertici del clan, e i Genovese. Il casus belli sarebbe da attribuire all’attività usuraia dello zio di Damiano, nominato più volte nelle intercettazioni col soprannome di “Mast’Antonio”. La locuzione latina non è citata a caso, perché sono proprio i fratelli Genovese a ripetere più volte che tra il nuovo boss di Capocastello e loro “è guerra”.

Damiano ha ben impressi in testa i momenti di quella notte, come racconta a un’altra parente: “Stavo sveglio, in quel momento avevo chiuso il balcone e tenevo la finestra aperta. Ho sentito lo scooterone e sono salito a prendere la cosa, tenevo la porta chiusa mentre caricavo la cosa e stavo uscendo fuori al balcone”. Non c’è dubbio che per “cosa” intendesse un’arma, che tra l’altro gli è stata sequestrata qualche giorno dopo dai Carabinieri mentre perquisivano la sua abitazione.

L’ex consigliere comunale e provinciale della Lega, non essendo riuscito ad aprire il fuoco contro i suoi attentatori a causa della fuga di quest’ultimi, rimuginava già vendetta. E, mentre da un lato voleva discuterne con Pasquale Galdieri detto O’Milord, mandante degli attentati, dall’altro preparava la “materia per combattere”. “L’esercito non serve, siamo tre persone con loro basta – dice a un altro parente -. Questo fatto non è che si risolve onestamente, io li ho fatti crescere, ora basta”.

Uno spaccato dell’attività del clan che per i magistrati comporta, non solo la caratura criminale del figlio dell’ex boss Amedeo, ma anche i rapporti con i nuovi vertici del sodalizio criminale. A bloccare la vendetta le parole del vecchio boss direttamente dal carcere, che ha riconosciuto l’ascesa dei Galdieri, al tempo suoi scagnozzi. Per fortuna “una guerra” che non ha avuto alcun seguito.