Solofra – E’ crisi al polo conciario. L’isola che non c’è più.

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Era definita negli anni settanta la “Svizzera del sud”, “l’isola felice”, ed altro, la Solofra ridotta al lumicino oggi da fattori vari che non stiamo ad elencare per non ripeterci sempre. All’epoca si sprecavano le coniazioni per la città conciaria opulenta e fiore all’occhiello per qualche noto politico irpino. Come sembrano lontani quei tempi, quando l’operaio cercava di imitare l’operatore conciario e sempre alla ricerca di quel riscatto sociale sognato nelle ore di lavoro notturno in stamberghe – concerie umide da sembrare delle grotte. Poi la luce, il benessere ed un lavoro sicuro da permettere di fittare la casa al mare per le vacanze e cancellare dalla memoria quei bagni fatti alla classica ‘mappatella beach’ del salernitano dove era possibile notare un carnaio umano intento a rubare uno po’ di sole per l’ abbronzatura. Non solo ma ne beneficiavano anche i paesi dell’hinterland. Molta acqua è trascorsa sotto il ponte, e se acqua vi era aveva un colore scuro, frutto anche questo del benessere. Ma voltiamo parecchie pagine per arrivare alla situazione del polo conciario odierno. E’ al collasso. Durante lo scorso anno ben duecentocinquanta operai sono finiti in mobilità e parecchie concerie hanno fatto richiesta della cassa integrazione. Causa questo della crisi che investe il settore della pelle e nulla fa il governo centrale per tamponarla. Nell’attesa dell’illusione di una lenta ripresa parecchi opifici hanno sbarrato i loro cancelli. Altre concerie stanno facendo ricorso alla cassa integrazione con la turnazione degli operai. E’ il caso della Timor che vede ben quindici suoi operai beneficiare, a turnazione, della cassa integrazione per otto settimane. Chiude invece la “Adamo 1912” mettendo gli operai in mobilità, fattore che ha fatto registrare non poche tensioni. La “Carsten’s” invece senza mezzi termini è intenzionata a porre settantanove lavoratori in mobilità ma si sta ancora discutendo con i sindacati disposti a presentare delle soluzioni grazie a degli ammortizzatori sociali. Qualche altra azienda ha dichiarato fallimento e così via. E’ quella di Solofra una fotografia piuttosto sbiadita a confronto di quella colorata di qualche decennio fa.
di Dante Grimaldi

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