“Senza scorciatoie”, il romanzo di Gratteri per i giovani: storie di mafia e di speranza

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AVELLINO – “Chi è bravo non ha bisogno di queste scorciatoie”. Sono le parole che Bernardo, studente universitario ed educatore di un centro in un quartiere difficile a abbandonato di una periferia italiana rivolge a Luigi, tredici anni, combattuto tra apparire “duro” agli occhi del cugino Antony e seguire la sua passione, il calcio, continuando a frequentare il Centro Culturale dove può finalmente giocare in un campo con erba vera e non nella lingua di asfalto trasformata in campo e dove ci sono questi estranei che però danno fastidio agli affari sporchi e tolgono consenso ai criminali.

È uno dei dialoghi di “Senza Scorciatoie, una storia per dire no alle ingiustizie” il romanzo scritto dal Procuratore di Napoli Nicola Gratteri e dal professore Antonio Nicaso, e pubblicato da qualche giorno da Mondadori. Sono anche le parole che danno il nome all’opera, un po’ inedita per le altre produzioni pubblicistiche del magistrato e del docente. Il debutto da “romanziere” per il Procuratore di Napoli Nicola Gratteri e il professore Antonio Nicaso consegna un opera che potrebbe essere letta in tutte le scuole. Perchè, in meno di duecento pagine, ci sono le problematiche del confronto generazionale tra genitori e figli, il degrado delle periferie, tanto comune che gli autori non localizzano il quartiere dove avvengono i fatti, la curiosità di un tredicenne rispetto ad un certo modo di raccontare la violenza delle mafie, ma anche la speranza degli esempi di tanti protagonisti dell’Antimafia sociale e la possibilità di non scegliere le scorciatoie, nella vita come nel lavoro.
Un messaggio importante per i giovani, anche una lettura di come si può vincere il disinteresse degli adolescenti su certi temi. Quelli a cui il protagonista si appassiona partendo dalla spiegazione di una frase su una maglietta: Il silenzio uccide. E ci sono loro, i protagonisti del romanzo. Bernardo, che entra nella vita del tredicenne Luigi quando inizia a frequentare il Centro Culturale e che gli ricorda come “chi sa di poter vincere, non spinge a terra un avversario” e fa da contraltare al cugino, che lavora per lo Zio, così viene chiamato il boss del quartiere. Antony che a soli diciassette anni è già un fidato del capo della zona.

La curiosità per le frasi di vittime della mafia, consente a Bernardo e agli autori di far conoscere le storie di Peppino Impastato, che si faceva beffa degli invincibili boss di Cinisi e che fu ucciso lungo i binari della Ferrovia; di Rita Atria, la diciassettenne di Partanna che dopo la morte del padre, Don Vito e del fratello Niccolò, decide insieme alla cognata Piera Aiello di raccontare tutto al Procuratore di Marsala, Paolo Borsellino. La storia finisce dopo la bomba a Via D’Amelio, Rita non resiste alla morte di quel magistrato che era diventato “Zio Paolo”. Si uccide. Sulla sua lapide però la cognata Piera Aiello fa incidere una frase: la verità vive. Luigi inizia a sperare di sentire altre storie, si appassiona a quei racconti di mafia, ci vede in alcuni, come quello di Don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia perché aveva ridato una speranza a tanti giovani, un po’ la stessa sorte della sua periferia. Infine, la storia di Giancarlo Siani. Tutte legate da un filo rosso: non restare in silenzio di fronte alle ingiustizie. Alla fine Luigi è costretto a fare una scelta, quella da cui dipenderà la sua libertà. Come finirà? Per questo bisognerà leggere il romanzo.