Migliaia di faldoni, documenti, appunti, ricevute, note spese: un archivio documentale molto importante della storia politica italiana, dal 1946 al 1993, è stato scoperto ad Avellino.
Lo rivela il giornalista Daniele Di Mario, autore di un lungo racconto pubblicato ieri sulle pagine de Il Tempo.
Si tratta della leggenda della Democrazia Cristiana che per la prima volta vede la luce dopo 30 anni di oblio.
“Conti correnti, movimenti bancari per 30 miliardi di lire solo nel ’92, lettere di raccomandazioni, report dei servizi segreti, litigi fra vecchi segretari, rapporti su società immobiliari, contabilità in nero, finanziamenti a giornali, associazioni, sindacati – scrive Il Tempo –. Un volume immenso di carta ingiallita che racconta un pezzo di storia italiana a testimonianza dei cinquant’anni di vita della Democrazia Cristiana, dal 1946 al 1993, anno del suo scioglimento. Si tratta dell’archivio amministrativo della Balena Bianca, documenti che non hanno nulla a che fare con il patrimonio immobiliare finito poi al Partito Popolare. L’archivio, portato ad Avellino con un furgone da Gianfranco Rotondi e Rocco Buttiglione, che così lo salvarono dal macero, è stato coperto da embargo per vent’anni”.
A custodirlo – inconsciamente – scrive Di Mario, è stata la signora Iole, passata a miglior vita due anni fa dopo aver portato a termine una missione di cui non era a conoscenza ma che pure le era stata affidata.
Migliaia di faldoni, documenti, appunti, ricevute che coprono un arco temporale dal 1946 al 1993 presero la via di Avellino quando a Roma si consumava la storia della Balena Bianca.
Nella città capoluogo dell’Irpinia, carte e documenti vennero così conservati in tre stanze di un appartamento il cui canone di locazione e utenze venivano pagate dagli eredi della Balena Bianca. In quella casa viveva la signora Iole, che conservò per vent’anni un archivio tenuto rigorosamente sotto chiave e che rappresenta un pezzo di storia della nostra Repubblica.
Era il 1993. Mentre la Dc moriva, l’ex Ministro avellinese Gianfranco Rotondi e Rocco Buttiglione, con un furgone, misero in salvo l’archivio. L’accordo era che quei documenti non potessero essere resi pubblici per vent’anni, dal 1993 al 2013. Un embargo finito pochi mesi prima della scomparsa della novantenne irpina. All’indomani della morte della signora Iole, Rotondi annunciò la propria intenzione di voler trasferire l’intero archivio della Dc all’Istituto Sturzo, a condizione che anche il simbolo fosse consegnato alla Fondazione sottraendolo alla contesa elettorale. Lo Scudo Crociato non fu ovviamente consegnato a via delle Coppelle.
Il Tempo ha potuto visionare l’archivio in esclusiva nella sede della Fondazione Sullo, ad Avellino, dov’è conservato. In quelle carte c’è la vita del partito che ha governato l’Italia dal secondo dopoguerra alla fine della Prima Repubblica. In fin dei conti c’è un pezzo consistente della storia di tutti noi.