Riceviamo e pubblichiamo integralmente la replica dell’avvocato Luigi Petrillo all’articolo titolato “Mancini no, Isochimica sì: la doppia faccia dello sciopero degli avvocati”.
“Gentile Direttore,
la Sua pubblicazione mi offre la possibilità di chiarire ai suoi lettori due o tre cose che ritengo di grande importanza:
1) gli avvocati penalisti irpini e di tutta Italia hanno, come si dice, incrociato le braccia per una settimana e si sono astenuti dal partecipare alle udienze per protesta nei confronti di una legge scellerata ed iniqua, la n.3 del 9.01.2019, che blocca il corso della prescrizione dalla pronunzia della sentenza di primo grado fino a quella definitiva. In tale protesta gli avvocati sono sostenuti da tutti gli studiosi del processo penale e dalla gran parte della magistratura, uniti nella convinzione che il cittadino che incappi in un processo penale non può rimanere “imputato” a vita, cosa che, invece, certamente si verificherà all’ entrata in vigore della norma, a causa della carenza di risorse umane e materiali che impediscono alla macchina della giustizia di funzionare celermente. Si tratta, dunque, di uno “sciopero” a tutela non degli avvocati, né degli imputati bensì dei cittadini, affinché il processo non si trasformi per tutti – rei e vittime – in una sofferenza senza fine;
2) apprezzo e sostengo i colleghi impegnati nel “processo Isochimica” che hanno incrociato le braccia stamattina nell’aula di Poggioreale. Essi hanno correttamente sostenuto la giusta protesta in atto e sono più che certo che essi abbiano anche correttamente valutato che la loro scelta non andasse a collidere con l’unico interesse che essi sono chiamati a tutelare: quello della migliore difesa del loro assistito, che, detto tra noi, non ricava un bel nulla dal rinvio, visto che ne consegue la sospensione della famigerata prescrizione. La garanzia di assicurare “pari dignità” alle vittime del reato, come Lei scrive, è data dal processo e dal rispetto delle regole di questo, che presidiano anche la dignità degli imputati. Nelle aule di giustizia non si danno “schiaffi” né si dovrebbero strumentalmente alimentare ansie di vendetta o di rivalsa: è ancora troppo vivo il ricordo della gazzarra scoppiata nel Tribunale di Avellino dopo la sentenza di parziale assoluzione di Acqualonga per non sapere di cosa parlo. Non sono impegnato nel processo Isochimica, ma so che la sua durata è dovuta alla complessità del fatto di cui si discute, che ha impegnato per diversi anni la locale Procura della Repubblica, non certamente all’ignavia dei giudici che lo celebrano o all’ostruzionismo degli avvocati;
3) l’udienza cd. Mancini è cosa del tutto diversa da quella Isochimica: nella prima non vi erano imputati, non si discuteva della responsabilità di nessuno, si è svolta in camera di consiglio, si doveva dare un incarico peritale per accertare lo stato di salute dell’immobile di via De Concilii. Il mio assistito – l’ Ente provincia di Avellino, portatore di interesse pubblicistico – mi ha chiesto di partecipare all’ udienza. Sostenere le ragioni della protesta contro la norma sulla prescrizione in tale ambito sarebbe stato, oltre che contrastante con la volontà del mio assistito, del tutto fuori luogo, dal momento che nessuna prescrizione del reato minaccia il povero liceo.
Dunque comparare le due vicende e classificarle di serie A e di Serie B credo faccia offesa sia a chi crede come me e come tutti i miei colleghi nella funzione della giustizia, sia al comune senso del pudore, poiché non è consentito a nessuno brandire le comprensibili e legittime ansie delle vittime dell’amianto per contrapporle all’esigenza di ripristino della civiltà giuridica che gli avvocati altrettanto legittimamente vanno difendendo”.