Rosaia Ruberto, dall’Irpinia al Kenya con amore

0
227
Rosaia Ruberto

Il sorriso radioso e rilassato che accompagna le rare foto “social” che raccontano la vita di Rosaia Ruberto in Kenya, è la dimostrazione di quanto si possa risplendere quando si realizza la propria vocazione.

Quella di Rosaia, come dimostrano le immagini, è lavorare per il progresso della condizione femminile e perseguire la crescita personale propria e di chi la circonda.

Nata ad Amburgo, laureata in lingue a Trieste e in Sociologia a Dusseldorf, vive per alcuni anni ad Avellino dove insegna nella scuola di lingue di famiglia; appassionatasi al tema della condizione femminile, segue corsi di specializzazione a Siena, Napoli e in Germania, fonda quindi una associazione culturale che sviluppa eventi e percorsi culturali in Campania.

Nel frattempo si specializza in progettazione e gestione dei progetti di cooperazione allo sviluppo a Bruxelles e comincia a partecipare a progetti di supporto alle donne in Kenya; diventa coordinatrice di programmi per il CISP Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli.

Diventa insegnante di yoga e sviluppo personale e organizza attività per donne che operano nel sociale e credono che ogni cambiamento cominci da se stesse. Attualmente vive e lavora a Nairobi.

Da tanti anni in Kenya, quali sono le ragioni di questa scelta di vita così radicale?

“In realtà non ho mai fatto una scelta. Sono venuta in Kenya prima come volontaria, poi ho cominciato a lavorare come operatrice umanitaria, infine come cooperante. Tre mesi sono diventati prima un anno, poi dieci anni. Ho scoperto strada facendo di amare il mio lavoro, l’ ambiente multiculturale, la gente che incontro, la natura spettacolare, il clima, l’opportunità di contribuire al cambiamento, di partecipare a processi complessi, di poter crescere così tanto. E’ un paese che mi costringe a mettermi in discussione continuamente, a rivedere i miei schemi, a sviluppare pazienza, compassione e creatività. E’ una vera sfida. Sono convinta che lo scopo della vita sia quello di crescere, imparare ed evolvere. E’ difficile a volte, estenuante, dover sempre riflettere su come agire, cosa dire, cosa fare, trovarsi di fronte a problemi estremamente complessi, avere tanta responsabilità, dover imparare a comunicare con persone diverse, cercare di capire e di farsi capire. O accettare che forse non bisogna sempre capire o condividere, piuttosto bisogna amare una realtà con i suoi lati positivi e negativi. Insomma, é un percorso di crescita personale, professionale e spirituale continuo e stupendo”.

rosaria ruberto
Rosaia Ruberto in missione

Di cosa si occupa in Africa, lei lavora nel sociale e soprattutto in favore delle donne

“Attualmente coordino il programma Somalia per il CISP (www.cisp-ngo.org). Abbiamo un programma molto ampio volto alla protezione delle donne da violenze e abusi sessuali, ad assicurare alle bambine accesso all’ educazione ed alle mamme servizi sanitari e opportunità’ economiche. Inoltre abbiamo un progetto che promuove la cultura della pace. Collaboro poi con progetti che promuovono yoga, meditazione e coaching/mentoring per donne che operano nel sociale”.

Dal suo punto di vista, personale e professionale, quali sono le maggiori differenze tra la condizione femminile in Africa e in Occidente?

“Il consenso sulla condizione subordinata delle donne, la cultura patriarcale, l’abitudine ad usare violenza contro le donne, la mancanza di informazione, leggi e consapevolezza sul tema sono molto più evidenti. E’ una realtà con fortissimi contrasti. Coesistono donne infibulate analfabete con artiste che rappresentano “i monologhi della vagina” di Eve Ensler nel teatro nazionale; donne nomadi che costruiscono le loro “case” mobili nelle zone rurali e non hanno accesso ai beni primari, con professoresse universitarie e imprenditrici nell’area urbana di Nairobi”.

Le cronache riportano spesso storie orribili: violenza, infibulazione, matrimoni precoci… nascere donna in Africa ha anche qualche lato positivo, c’è qualche popolo che rispetta le donne o qualche cultura matriarcale che magari non conosciamo?

“Ci sono storie di solidarietà e collaborazione tra donne, esempi di creazione di villaggi che proteggono donne da famiglie violente, di donne che hanno creato movimenti ecologici, di miriadi di associazioni di donne che creano impresa e gruppi di risparmio, di donne che lottano contro la corruzione e sono esempi di coraggio e integrità. Ci sono poetesse e attrici che diffondono testi di emancipazione e diritti, Scrittrici che raccolgono e raccontano storie di speranza, donne che ritornano dalla diaspora e portano idee alternative. Naturalmente la capacità delle donne di esprimersi e far valere i propri diritti dipende soprattutto dalla loro estrazione sociale, esposizione a culture differenti e opportunità’ economiche. E questo é un po’ vero dappertutto”.

Il fenomeno dei migranti, tiene banco quotidianamente nei notiziari e nei discorsi della gente, come lo si vede da laggiù, come lo vede chi opera nelle ONG che prestano aiuto in Africa?

“Se lo vedo con gli occhi dei keniani, direi che tutti gli individui hanno il diritto di cercare altre opportunità e di viaggiare in altri paesi alla ricerca di una vita migliore. Le ONG hanno il mandato di offrire programmi che migliorino le condizioni di vita dei cittadini nei paesi di origine, di supportare una scelta consapevole, di proteggere i migranti lungo le rotte e nei paesi di transito perché possano viaggiare informati, tutelati e con dignità. Per i paesi destinatari si tratta di gestire gli arrivi con responsabilità e umanità”.

Le manca qualcosa di Avellino? Dal suo punto di vista come cambierebbe la città? Quali suggerimenti si sente di dare ai nostri amministratori e alla gente?

“Mi mancano la famiglia e gli amici, le passeggiate nei luoghi noti, le cenette e il vino buono, le gite in Irpinia o la scappata veloce in Costiera. Una cittadina come Avellino potrebbe essere sempre più un luogo che promuove la conservazione del patrimonio storico e culturale, la qualità dei prodotti artigianali, la sperimentazione nell’arte e nel design per i giovani, la cura dell’ambiente e l’inclusione sociale. Dare spazio a progetti alternativi, all’amore per la diversità, la tolleranza e le sperimentazioni sociali potrebbe dare un valore aggiunto, permettere alla città di andare oltre una immagine di cittadina di provincia per proporsi come luogo con opportunità inaspettate che attrae comunità disparate”.

E’ vera la storia del “mal d’Africa”, le è mai capitato di viverlo?

“Penso che sia qualcosa di diverso per ognuno di noi. Sinceramente non so. Forse se avessi la possibilità di svolgere un lavoro analogo ad Avellino tornerei solo in vacanza in Kenya. E’ difficile a dirsi. Certamente la natura e l’energia sono diversi e speciali in questa zona del mondo”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here