Girano per le strade in gruppo, spesso in abiti succinti e con fare agguerrito, fermando i turisti e spiegando loro che l’Ucraina non è un bordello. Sono giovani studentesse degli ultimi anni del liceo o delle università di Kiev, preoccupate dalla piega che l’ex Repubblica sovietica sta prendendo, con le sue 12mila prostitute, fra cui molte studentesse che con la crisi cercano di arrivare a fine mese. Lo fanno per evitare che l’Ucraina diventi una meta del turismo sessuale alle porte d’Europa. O almeno, che non lo diventi più di quanto è ora, visto che sono già in molti a volare a Kiev in cerca di esperienze trasgressive. E così il gruppo Femen ha deciso, lo scorso anno, di scendere in campo e di farlo con azioni provocatorie; per esempio, vestendosi da infermiere con zaini pieni di siringhe per protestare davanti all’ambasciata turca, in modo da curare la dipendenza sessuale. O diffondendo volantini che ricordano come l’Ucraina sia lo Stato europeo dove l’Aids è più diffuso. In fondo, per loro riconoscere i turisti è facile. E, appariscenti come sono nelle loro manifestazioni in minigonna, tacchi alti e collant rosa shocking, raccogliere folle lungo Khreshchatyk, il viale principale di Kiev, è facile, anche se sventolano i loro cartelli “Le ragazze ucraine non sono in vendita”. Da far leggere a tutti, turisti, uomini d’affari, dipendenti di multinazionali straniere. E così le ragazze di Femen, questo il nome del gruppo, che temono il fenomeno aumenti con l’avvicinarsi degli Europei di calcio nel 2012, girano per le strade e intercettano i turisti.
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