“Ricordiamo ancora i loro occhi spaventati ed i pazienti anziani, i nostri nonni. Avevano bisogno anche di un semplice abbraccio”. Virus, i racconti di Daniele e Sara

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Alfredo Picariello – “Sono stato catapultato, da un giorno all’altro, in un reparto covid. Per me è stata un’esperienza del tutto nuova che mi ha toccato molto non solo sotto l’aspetto professionale”. Daniele Aufiero è uno dei tanti eroi semplici, uno degli infermieri che hanno combattuto contro il coronavirus e che oggi erano in piazza Libertà per far conoscere meglio a tutti l’importanza del loro mestiere.

“Ricordo soprattutto il legame che abbiamo stretto con i pazienti anziani. Molti di loro sono rimasti con noi anche più di un mese. Sono stati i nostri nonni, li abbiamo trattati come persone di famiglia. Gli mancava tutto, avevano bisogno anche di un semplice abbraccio o di una chiacchierata”.

Daniele Aufiero

Daniele è giovane e motivato. Come lo è Sara De Luca.

“Quella di oggi per noi è una manifestazione importante. Riusciamo a far capire quanto lavoro facciamo, quanta volontà, forza, resilienza abbiamo messo in questo momento di pandemia. La nostra fortuna è stata quella di essere sempre uniti e compatti, anche in ambito ospedaliero. Abbiamo circondato di affetto i pazienti. Gli infermieri si sono rimodulati. Per farli sentire meno soli, abbiamo scritto i nostri nomi sulle tute per farci riconoscere. Abbiamo gestito, credo molto bene, anche i rapporti con le famiglie, tramite le telefonate, i tablet. L’infermiere è stato un grande mediatore”.

Nella mente di Sara è ancora impresso il giorno un cui, in sala operatoria, ha dovuto assistere un paziente che doveva sottoporsi alla broncoscopia. “C’erano tanti problemi. Ricordo ancora i suoi occhi spaventati, noi eravamo tutti bardati, ci guardava come se fossimo degli astronauti. Abbiamo cercato di tranquillizzarlo accarezzandogli le mani nonostante i guanti. Aveva gli occhi speventati e persi. Per fortuna poi è andato tutto bene. Anche noi abbiamo avuto tanti colleghi morti e ci sono colleghi, soprattutto quelli delle terapie intensive, che fanno un lavoro abnorme. A loro tutta la nostra vicinanza”.