Ricettazione di centinaia di capi di abbigliamento, nei guai 60enne di origini ucraine

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I Carabinieri della Compagnia di Baiano, nell’ambito di specifici servizi finalizzati al contrasto del commercio abusivo, hanno deferito alla compatente Autorità Giudiziaria una 60enne di origine ucraina, ritenuta responsabile del reato di ricettazione.

In particolare, i militari della Stazione di Avella, durante un posto di controllo alla circolazione stradale, hanno fermato un’autovettura che trasportava circa 15 sacchi di plastica di grandi dimensioni, colmi di capi di abbigliamento e biancheria intima, per i quali non era in grado di fornire alcuna documentazione in merito alla provenienza né un’idonea giustificazione circa il trasporto.

I carabinieri, sospettando che tale merce fosse stata procurata in maniera illecita, anche in considerazione del fatto che la donna fermata, residente ad Avella, non effettuava nessuna attività di commercio legale e risultava addirittura disoccupata, ritenevano opportuno estendere il controllo presso il domicilio della stessa. Ivi giunti, constatavano che al piano seminterrato dell’abitazione erano accantonati numerosi scatoloni colmi di vestiti nuovi di diverso genere, muniti di etichetta e ben confezionati, centinaia di capi di biancheria intima nonché decine di parti di corredo da camera da letto (coperte, piumoni, lenzuola). Procedendo nell’attività di perquisizione, rinvenivano all’interno di un altro locale, più di duecento rotoloni di stoffa, della tipologia utilizzata nell’industria sartoriale per il confezionamento di capi di abbigliamento.

Per la 60enne, che non era in grado di fornire alcuna documentazione circa la provenienza o l’acquisto di quell’ingente quantitativo merce né una valida giustificazione in merito alla relativa detenzione presso la sua abitazione, scattava dunque la denuncia alla Procura della Repubblica di Avellino, diretta dal Procuratore Dott. Rosario Cantelmo.

Tutta la merce rinvenuta, del valore di circa 50mila euro, è stata sottoposta a sequestro.

Da ulteriori accertamenti, si appurava che la donna si procurava in maniera illegale il materiale vestiario, al fine di alimentare un flusso di commercio con il proprio paese di origine.

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