AVELLINO- “A riprova della buona fede dell’imputato va ricordato che, sempre sulla base di una certificazione dei parametri obiettivi a lui riconducibile, nell’anno 2015, il Comune di Avellino fu dichiarato ente strutturalmente deficitario (si veda sul punto la documentazione prodotta dal P.M. all’udienza del 18.12.2023 e, in particolare, la Certificazione dei parametri obiettivi sottoscritta dal Marotta, nella parte in cui veniva attestato il superamento anche del
parametro n. 5 e la sussistenza delle condizioni per la dichiarazione di deficitarietà dell’ente)”. E’ il passaggio relativo al dirigente comunale di Avellino Gianluigi Marotta (difeso dal penalista Giuseppe Saccone), nella parte finale delle ventinove pagine di motivazione della sentenza emessa lo scorso 18 marzo dal giudice monocratico del Tribunale di Avellino Gian Piero Scarlato, che lo aveva mandato assolto (la richiesta della Procura nei suoi confronti era di due anni di reclusione con pena sospesa) “perché il fatto non costituisce reato”. Anche quello fondamentale, perche’ in sostanza lo stesso Marotta, accusato di aver omesso un passaggio per evitare di dichiarare lo stato di deficitarieta’ l’anno prima, lo avevw di fatto accertato l’anno successivo. Nello stesso processo erano stati assolti l’ex assessore al Bilancio del Comune di Avellino Angelina Spagnuolo, difesa dall’avvocato Raffaele Tecce, i revisori dei conti del Comune di Avellino Ottavio Barretta, difeso dagli avvocati Carmine Danna e Francesco Debeaumont, Antonio Savino, difeso dagli avvocati Luigi Petrillo e Italo Benigni e Antonio Pellegrino, difeso dall’avvocato Benedetto Vittorio De Maio. Per loro lo stesso pm aveva chiesto l’assoluzione. L’indagine e il processo, come e’ noto erano relative all’approvazione del Rendiconto della Gestione dell’Ente per l’anno 2013, nel quale a vario titolo gli imputati avrebbero omesso di indicare che il Comune di Avellino aveva a suo carico procedure esecutive per pignoramenti di importo superiore al limite determinato dal D.M. Ministeri Interno del 18.2.2013 (pari allo 0,5% delle spese impegnate nell’anno 2013, anche se non hanno prodotto vincoli ai sensi dell’art. 159 d.lgs 267/00), laddove l’Ente vantava, per l’annualità 2013, pignoramenti per un ammontare tale da dover essere dichiarato strutturalmente deficitario, secondo quanto previsto
dall’art. 242 del TUEL”. Sempre relativamente alla posizione di Marotta, il giudice ha sottolineato che: “Dunque, nel caso che ci occupa, a nulla rileva se la finalità ultima avuta di mira fosse quella
di evitare che il Comune di Avellino venisse dichiarato ente strutturalmente deficitario, con tutte le conseguenze discendenti da tale situazione come riportate dall’art. 243 Tuel (controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale, controlli in materia di copertura del costo di alcuni servizi, etc.)Ciò che deve essere provato è il dolo generico, vale a dire la volontarietà e la consapevolezza della falsa attestazione, dolo che resta escluso soltanto dal fatto che il falso possa dirsi derivato da una semplice leggerezza dell’agente, come pure da una incompleta conoscenza e/o errata interpretazione di disposizioni normative o, ancora, dalla negligente applicazione di una prassi amministrativa (Cass. 23.8.2012 n. 33218)”. Per quanto concerne invece il profilo degli altri imputati, per cui c’era stata la richiesta di assoluzione, il giudice ha sottolineato come: “Orbene, è fuori di dubbio che, per quanto emerso in ordine al coinvolgimento nel procedimento de quo dei componenti del collegio dei revisori e dell’Assessore alle Finanze, che questi si limitarono a recepire quanto da altri certificato in ordine alla sussistenza dei parametri obiettivi, non avendo ragione di dubitare della loro correttezza, in particolare, del dato relativo alla inesistenza di procedure esecutive di importo superiore allo 0,5 per cento delle spese correnti, di cui al parametro n. 5. E così, in applicazione del principio giurisprudenziale innanzi citato, Spagnuolo Angelina, Barretta Ottavio, Savino Antonio e Pellegrino Antonio vanno mandati assolti dai reati loro.rispettivamente ascritti ai capi B) e C) perché il fatto non costituisce reato”.
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