Candidabile ma se eletto sarebbe subito sospeso. Questa, in sintesi, è la pronuncia della seconda sezione del Tar della Campania che ha respinto il ricorso presentato dal M5S sulla presunta incandidabilita’ di Vincenzo De Luca alla carica di presidente della Regione, sulla base della legge Severino in riferimento a una condanna per abuso di ufficio inflitta a De Luca in primo grado.
L’uomo designato dal Pd a correre contro Caldoro alle regionali, dunque, resta in campo. “Sono candidato legittimamente – afferma De Luca – verrò eletto legittimamente e governerò legittimamente”.
Ma dalla lettura del dispositivo, così come ha fatto notare il coordinatore regionale di Forza Italia Domenico De Siano, si evince che quella del sindaco decaduto di Salerno è una vittoria a metà.
I giudici del collegio presieduto da Gabriele Nunziata hanno ricordato infatti che scatterà la sospensione dalla carica in caso di vittoria.
Il passaggio è estratto da pagina 14 del provvedimento: “Il primo argomento speso dai ricorrenti, infatti, non dimostra, ma presuppone che il dott. De Luca versi in una situazione di incandidabilità, il che si è dimostrato non essere corretto. La sua eventuale elezione, pertanto, non ricadrebbe sotto il regime dell’art. 7, ma sotto quello sospensivo dell’art. 8 del d.lgs. n. 235/2012. E’ solo per mera completezza che può aggiungersi che, quand’anche così non fosse, l’ultimo comma dell’art. 7 del d.lgs. n. 235/2012, riguardando indifferentemente l’elezione o la nomina alle cariche di cui al primo comma soggette alla disciplina delle incandidabilità, tra cui quella di presidente di giunta regionale, dimostra che la conseguenza dell’incandidabilità del presidente eletto non è la caducazione dell’intera competizione elettorale, bensì la nullità della elezione dell’interessato”.
Il Tar ha condannato il M5S a rifondere 3mila euro di spese legali all’ex sindaco di Salerno, costituitosi in giudizio.