Così Francesco Todisco sul prossimo Referendum Costituzionale:
“Il 4 dicembre voterò No al quesito referendario. Il mio non sarà un voto di pancia, né un voto dettato da simpatie e antipatie, né dalla ricerca del “nuovo” o per la conservazione del “vecchio”. Né ancora confonderò il referendum costituzionale per il congresso anticipato del PD. Né perché ritengo che la nostra Carta costituzionale sia immodificabile.
Voterò No perché non condivido la visione di tenuta democratica del Paese che porta con sé questa riforma. Non condivido l’ipotesi di un Senato composto da senatori part-time, che un po’ fanno i consiglieri regionali e un po’ i senatori, un po’ fanno i sindaci e un po’ i senatori. Un Senato che, si dice, dovrebbe occuparsi del rapporto fra lo Stato e le autonomie locali, ma che poi può chiamare a sé le leggi approvate dalla Camera, ratificare i trattati internazionali, votare due componenti della Corte Costituzionale e così via. Dal bicameralismo perfetto al bicameralismo approssimativo.
Non condivido la superficialità con cui si sono apportate modifiche nelle norme per l’elezione dei massimi organi di garanzia della nostra democrazia: il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale. Non condivido la scrittura delle norme che disciplinano il rapporto fra Stato e Regioni con competenze ripartite in modo assai confusionario e che tutto faranno tranne che dare certezza su dove comincino e finiscano i compiti dello Stato e quelli delle Regioni.
Non sopporto sentir dire che questa riforma non tocca i princìpi fondamentali della Costituzione incidendo solo sulla seconda parte. Modificare un terzo degli articoli della Costituzione, mettendo mano alla disciplina del potere legislativo, del rapporto fra potere esecutivo e quello legislativo, della nomina del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale, fino ad arrivare alle norme che riguardano l’organizzazione del governo delle comunità territoriali, vuol dire mettere in discussione, e come, i princìpi fondamentali della nostra democrazia.
Ogni singolo articolo della nostra Costituzione è funzionale alla realizzazione dei princìpi che ci siamo dati come Repubblica e riscriverli, immaginando che la Costituzione sia fatta di tanti articoli separati l’un dall’altro e non che sia invece un insieme in cui ogni parola è legata alle altre per garantire il funzionamento della nostra democrazia, è superficiale oltre che sciocco. Voterò No e nessuno potrà gridarmi, o consentire che mi sia gridato, “fuori, fuori!”. Perché in quel “No” c’è una lettura della democrazia, del rapporto fra i poteri, dell’idea di rappresentanza politica e sociale, dell’autonomia della politica dall’economia che deve vivere all’interno del PD.
Che aiuta il PD a tornare a essere il partito per cui è nato. Di regali – insieme a tutti coloro che ci hanno messo tutto in questa comunità – non ne facciamo e mai regaleremo il partito, che abbiamo fondato con tutte le nostre forze, nelle mani di chi crede che si possa gridare “fuori, fuori!” a chi non la pensa come il leader. Anche per questo sono grato a Gianni Cuperlo. Poco importa se non dovessimo votare allo stesso modo il 4 dicembre, perché so bene che oggi, come dal 5 dicembre in poi, abbiamo e avremo la stessa idea di come si sta in un partito e di come si provi a tenere unita questa comunità. Non credo che l’accordo sulla legge elettorale renda meno pasticciata questa riforma. Ma so quanto il suo sforzo sia volto ad evitare quel clima, quello visto in questi giorni alla Leopolda, alimentato da chi, da Premier e da Segretario del partito, avrebbe dovuto tenere insieme le ragioni di una comunità che in ogni caso il 5 dicembre si dovrà ritrovare.
Nessuno si faccia illusioni. Il 4 dicembre insieme a tanti democratici voterò No e dal giorno dopo, anche con tanti di coloro che per una riflessione di contenuto avranno deciso di votare Sì, lavorerò per il Pd che abbiamo sempre avuto in testa e nel cuore. Tutt’altra roba dalle scene fiorentine della Leopolda. Avranno voglia di gridare “fuori”, ma è impossibile cacciare la passione di chi ha costruito il Pd. Senza di quella il Pd semplicemente non ci sarebbe più.”