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Referendum Trivellazioni, De Filippis: “Il sì per l’energia del futuro. Pd irpino? Molto ambiguo”

Roberto De Filippis

Roberto De Filippis, Coordinamento Irpino No Triv, perché bisogna votare sì al Referendum del 17 Aprile?

“Questo referendum apre uno scenario atipico per l’Italia in quanto tende a mettere al centro del dibattito politico e sociale la strategia energetica per il futuro. Dei sei quesiti purtroppo cinque sono stati affossati, ma questo referendum porta alla cronaca nazionale anche le perforazioni nelle aree interne oltre che in mare. Noi parlaremo di questo, se ci sarà un sì forte e compatto le comunità locali  per la difesa del territorio ne usciranno rafforzate”.

Cosa pensa di quanto dichiarato dal ministro dell’ambiente Galletti, il quale in una recente intervista ha rivelato che non sa se voterà e che se deciderà di recarsi alle urne voterà no?

“Un Ministro dell’Ambiente che dichiara certe cose mi lascia interdetto. Di fatto detiene la posizione del Pd e cioè quella dell’astensionismo. Nelle tribune politiche ho avuto modo di constatare anche posizioni di associazioni finte-ambientaliste scoordinate e sconnesse sulla tutela ambientale. Noi abbiamo un Governo caratterizzato dal finto giovanilismo, un Governo che segue l’iter iniziato da Monti rispetto ad una strategia energetica obsoleta, utilizzando una battuta ci ritroviamo un “governo fossile”. Renzi non tiene conto della salvaguardia ambientale richiesta a più riprese dalla stessa Europa, non tiene conto del fatto che con questo modo di intendere lo sviluppo energetico l’Italia non sarà mai autosufficiente, non guarda alla green economy che è il futuro ma impronta la sua strategia energetica su quella degli anni ’60”.

Il fronte anti-referendum evidenzia che in caso di vittoria del sì sarebbero in pericolo migliaia di posti di lavoro…

“Questo è un altro tema che viene strumentalizzato utilizzando lo spauracchio della perdita dei posti di lavoro in tempi di crisi. La nostra battaglia non è contro chi lavora, ma a favore dell’enogastronomia, dei chilometri zero, della Green Economy, valori per i quali l’Europa ci manda i fondi da anni e per i quali ci invita ad andare in questa direzione. Questo non è un quesito referendario grazie al quale, in caso di successo del sì, il giorno dopo si chiuderanno le piattaforme nell’ Adriatico, nello Ionio o nel Canale di Sicilia. Il sì, infatti, implicherebbe il non rinnovo a fine concessione, ciòè dopo il 2020. Le grosse aziende avranno la possibilità di approcciare ad un nuovo modello energetico. C’è tanta confusione e disinformazione creata ad arte, il Governo ha paura del referendum e lo ha dimostrato non facendo l’election day. Intende restringere il campo della condivisione e della democrazia”.

Il referendum del 2011 sancì la vittoria dei Comitati per l’acqua pubblica. Oggi, dopo pochi anni da quella consultazione popolare, in provincia di Avellino non si chiude, di fatto, alla possibilità di una privatizzazione. Quanto incidono secondo lei gli strumenti democratici come il Referendum nell’agenda politica degli ultimi tempi?

“Purtroppo, tra i cittadini, come la politica anche il referendum non gode di forte credibilità in quanto i Governi che si sono succeduti hanno disatteso le rivendicazioni popolari. Un referendum vale per i 5 anni successivi alla legge, nel 2011 la Serracchiani e Matteo Renzi twittavamo a favore dei dettami referendari, oggi il loro Governo fa una legge sull’acqua che apre alla privatizzazione. La Regione Campania, dal canto suo, approva una delibera di Giunta che va verso l’accorpamento di Alto Calore e Ge.se.sa. Eppure, ad esempio, c’è il Comune di Napoli che ha applicato il volere popolare evidenziando che non si fa profitto sull’acqua. La Costituzione dà possibilità di reinvestire gli utili e non di spartirsi gli utili, non di fare profitto. Ci dovrebbe essere una classe dirigente in grado di accogliere le richieste dal basso, di evitare lo scollamento tra cittadini e politica. Ma così non è”.

E’ chiara secondo lei la posizione dei partiti in Provincia di Avellino in merito a questa battaglia dei No Triv?

“C’è una parte di politica nostrana che sta usando mediaticamente il veicolo referendario per sopperire al gap con i movimenti che sono molto più avanti in particolare sulle politiche energetiche. Ricordo le promesse della politica alle scorse regionali, quando Enzo De Luca e Rosetta D’Amelio promettevano di affidarsi al volere dei territori su determinate questioni: oggi la loro posizione è molto ambigua. Sel, Rifondazione, i grillini stanno giocando questa partita a viso aperto insieme al mondo dell’associazionismo e dei piccoli produttori. Rispetto a 5 anni fa, quando siamo partiti con il Coordinamento No  Triv, c’è maggiore informazione e consapevolezza. Quello che manca è l’apporto dei sindaci che sono in sordina avendo nella tasca tessere di partito molto pesanti. Basti pensare alla velina dal Governo centrale che ha imposto ai sindaci di non partecipare alla campagna per il sì. E’ una netta chiusura del campo della democrazia.”

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