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“The Hateful Eight”, Quentin Tarantino al suo minimo storico

Pasquale Manganiello – Nel corso della tua vita arrivi a convincerti che ci siano cose che non potranno mai accadere. Io ne avevo segnato un bel pò sul mio taccuino digitale ma dopo ieri ho deciso di smettere. Tra le tante:

“Massimo Boldi ti farà ridere”. “Mangerò broccoli e i cavolfiori”. “Salirò su un katun”. “Diventerò astemio”.

Una di queste, infatti, titolava così: “Un film di Tarantino non ti piacerà”.

Ebbene è accaduto ieri: l’ottavo colpo di Quentin Tarantino, dal mio punto di vista, è stato sparato a salve. Chiariamoci, ho visto di molto peggio e di molto più ingiustificatamente esaltato da critica e pubblico ma “The Hateful Eight” proprio non mi è andato giù.

Aggravanti: sono entrato nel cinema alle 22.30 e, forse, ero stanco. E’ un film visivamente claustrofobico, con colori scuri perpetrati per più di due ore e mezza. Non vi nego che fra il secondo ed il terzo capitolo mi servivano le pinze di Arancia meccanica per tenere le palpebre aperte tanto ho faticato a seguire una sceneggiatura lenta, troppo lenta, senza smalto, risolutezza e priva di personaggi indimenticabili, nonostante la solita notevole interpretazione di Samuel L. Jackson.

Molti obietteranno che questo è Tarantino: la mia opinione è che tra cinque anni The Hateful Eight sarà l’unico film del regista californiano che non vi andrà di rivedere.

Non è servito mettere insieme i suoi fedelissimi nè l’autocitazionismo che lo rende l’unico autore con la possibilità di rielaborarsi. D’altra parte, lasciano il tempo che trovano le accuse di misoginia, piovute soprattutto dal New York Times, che mette nel mirino le ripetute violenze che puntano all’unico personaggio femminile della storia, Daisy Domergue, l’assassina che deve essere condotta al patibolo.

Altri affermano che sia un film che migliorerà alla seconda visione, il che può essere un’analisi attenta ma resta il fatto che quando ho visto per la prima volta “Pulp Fiction”, “Le Iene”, Django Unchained”, “Kill Bill vol. 1-2”, “Jackie Brown”, “Bastardi senza gloria” e “Grindhouse”, stilati in ordine di preferenza personale, non c’è stato bisogno della review per affermare che fossero opere fantastiche e memorabili.

La sensazione di delusione all’uscita della sala è stata qualcosa che non mi sarei mai aspettato in un inizio inverno che si prospettava assolutamente invitante dal punto di vista cinefilo ed in cui salvo soltanto “La Grande Scommessa”.

Tante erano le aspettative legate alla colonna sonora di Ennio Morricone ma dire qui qualcosa di negativo sul grande maestro ha del blasfemo, quindi evito.

“Penso che ti ritroverai, quando tutta questa merdata sarà finita, penso che ti ritroverai ad essere un figlio di puttana sorridente. La faccenda è che in questo momento hai talento, ma per quanto sia doloroso il talento non dura. Il tuo periodo sta per finire. Ora, questa è una merdosissima realtà della vita, ma è una realtà della vita davanti alla quale il tuo culo deve essere realista. Vedi, questa attività è stracolma di stronzi poco realisti che da giovani pensavano che il loro culo sarebbe invecchiato come il vino. Se vuoi dire che diventa aceto, è così; se vuoi dire che migliora con l’età, non è così. E poi, quanti combattimenti credi di poter ancora affrontare?”

Eh no, Marcellus Wallace, questa non è la battuta ad effetto che puoi rivolgere a lui. Inizia, comunque tutto, il count down verso The 9th film from Quentin Tarantino.

 

                                                                                                                                                     Pasquale Manganiello

 

 

 

 

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