Rapporto Almalaurea: gli universitari italiani più regolari negli studi rispetto al passato

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Il Consorzio Almalaurea, che comprende 73 università, ha presentato a Napoli il suo 18° rapporto relativo al profilo dei laureati 2015 e alle loro possibilità occupazionali, e basato su un numero di intervistati pari a 270 mila studenti usciti da 71 atenei italiani.

In maniera riassuntiva, ciò che emerge sono cinque aspetti fondamentali: 1. cresce la percentuale di laureati stranieri; 2. aumenta la quota di giovani che terminano gli studi nei tempi previsti; 3. si mantiene costante la quota di chi svolge periodi di studio all’estero; 4. resta stabile la quota di laureati che sceglie di svolgere esperienze di tirocinio durante gli studi; 5. diminuisce la quota di laureati che svolgono attività lavorative durante gli studi.

Nel confronto con il 2010 cresce infatti la quota di laureati stranieri in Italia, che passa dal 2,9% al 3,4% (il 15% di provenienza albanese, il 10% rumena, il 9% cinese).

L’età in cui si completa il corso di studi risulta uguale a 26,2 anni, mentre i laureati di primo livello completano il triennio a poco più di 25 anni. Si tratta di risultati che sarebbero migliori se non ci fosse l’abitudine a prendersi un lungo periodo di sosta prima di formalizzare l’iscrizione presso l’università scelta.

D’altro canto risulta accresciuta la regolarità negli studi. Nel 2010 gli studenti che si laureavano nei tempi erano circa il 39%, mentre oggi sono diventati il 47% (si riduce in media a dodici su cento il numero di laureati che termina gli studi quattro anni e oltre fuori corso).

“Nel corso del 2015 si vede il timido emergere di alcuni segnali di ripresa del mercato del lavoro, in parte già intravisti nel 2014. In particolare, tra i neolaureati cala la disoccupazione e aumentano stabilità lavorativa, retribuzioni ed efficacia”, ecco quanto si legge ancora nel rapporto. Parlando di sbocchi professionali, dunque, il tasso occupazionale risulta del 67% per i laureati della triennale (in crescita di un punto rispetto al 2010).

Ampliando invece agli ultimi sette anni, i neolaureati triennali hanno visto diminuire il tasso di occupazione di oltre 15 punti percentuali e aumentare la quota di disoccupati di oltre 10.

Le retribuzioni a un anno sono in aumento: 1.079 euro netti mensili contro i 1.012 euro del 2010. L’incremento non colma, però, la significativa perdita retributiva (-23%) registrata nel quinquennio 2008-2013: nel 2007 un laureato dopo una stagione guadagnava 1.301 euro. Per i laureati di una specialistica, invece, il tasso occupazionale è cresciuto dal 72 all’84%, mentre la disoccupazione si è dimezzata scendendo dal 20 al 10%. In questo caso il guadagno a cinque anni dal conseguimento del titolo è cresciuto a 1.388 euro mensili.

In merito, infine, alle esperienze di tirocinio e di quelle all’estero (ad esempio l’Erasmus), le percentuali si attestano sul 56% nel primo caso, e sul 10% nel secondo. E’ calata invece di nove punti la percentuale di chi ha lavorato (almeno una volta) studiando: il 65%.

In linea generale, ciò che emerge è che tirocini, lavoro ed estero rappresentano elementi importanti per trovare lavoro: i laureati che hanno svolto un’attività retribuita durante gli studi hanno il 57% di probabilità in più di lavorare in seguito, chi ha effettuato uno stage curriculare ha il 14% di probabilità in più, chi ha soggiornato all’estero per studio il 10% in più. Ma solo il 4% degli intervistati ritiene che il lavoro svolto sia in linea con il titolo conseguito e con le proprie capacità.

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