AVELLINO- Il Gip del Tribunale di Avellino Fabrizio Ciccone ha revocato la misura degli arresti domiciliari nei confronti di Giuseppe Iovine, uno dei tre agenti in servizio nel carcere di Bellizzi Irpino finito agli arresti domiciliari per falso. Accolta la richiesta del suo difensore, il penalista Gaetano Aufiero, che aveva stigmatizzato proprio il profilo legato alla permanenza della custodia cautelare. La Procura di Avellino aveva espresso parere contrario alla revoca. Il Gip, proprio alla luce del periodo di custodia cautelare già sofferto dall’agente ai domiciliari e in considerazione del fatto che è sospeso dal servizio, ha accolto la richiesta. Molto probabile che nelle prossime ore la stessa richiesta sarà avanzata dagli altri due agenti.
LA VICENDA
Una vera e propria spedizione punitiva in carcere, nel Reparto dell’Alta Sicurezza, dove quattro detenuti (due esponenti della criminalità organizzata del Vallo e del Baianese e due napoletani) una volta introdottisi nella cella di un detenuto originario di Foggia, grazie all’aiuto di tre agenti della Polizia Penitenziaria in servizio nel carcere di Bellizzi Irpino, lo avevano colpito ai fianchi e alla testa usando anche un pezzo di specchio. Tutto con la “sorveglianza” degli stessi agenti, che avrebbero consentito ai quattro detenuti di accedere alla cella numero 1 della Sezione ed eseguire la spedizione punitiva. Il fatto avvenuto il 9 marzo 2022, nella tarda mattinata. A dare ancora piu’ gravita’ alla vicenda, anche la circostanza che nonostante le urla e le richieste di aiuto del detenuto, dopo che uno degli agenti aveva chiuso il blindato a seguito del pestaggio, le lesioni al detenuto erano state scoperte solo il giorno successivo. Dalla visita medica emergono lesioni per quindici giorni. Dalla segnalazione del comandante del Reparto scatta l’inchiesta della Procura di Avellino, quella coordinata dai pm Vincenzo D’Onofrio e Vincenzo Toscano e condotta dai militari del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e dalla stessa Polizia Penitenziaria, approdato alla misura cautelare per falso ideologico e alla contestazione del concorso in lesioni aggravato dall’abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti alla funzione di servizio pubblico.
LE INDAGINI
Decisive nelle indagini sia le intercettazioni telefoniche attivate sulle utenze dei tre agenti indagati che i filmati della videosorveglianza attivi in carcere e raccolti dalla Polizia Penitenziaria. Il 14 marzo il detenuto aggredito viene ascoltato dai pm avellinesi, ai quali racconta che aveva segnalato invano rischi per la sua sicurezza e che mentre veniva picchiato c’era un agente all esterno. Scattano le intercettazioni ai danni dei tre. La svolta arriva quando il Comandante della Polizia Penitenziaria chiedera’ all agente addetto all’ala Sinistra dell’Alta Sicurezza una relazione su quanto avvenuto. Partono una serie di chiamate tra gli agenti. In una si fa riferimento proprio al detenuto: “Secondo me se l’ e’ cantata” dice al telefono uno di loro. Parte una vera e propria attivita’ di depistaggio, che sara’ realizzato con la relazione falsa depositata all’ attenzione del Comandante il 16 marzo. Ma proprio dalle telefonate si capisce cosa e’ avvenuto.
IL DIKTAT DEI DETENUTI: CIAMMA SCHIATTA’ A CAPO
“Appunta’ no, noi ciamma schiatta’ a capo”. A raccontare della richiesta arrivata agli agenti dai detenuti autori del raid e’ uno degli indagati, che al telefono dice pure che lo hanno fatto come “la marmellata” riferendosi alla brutale aggressione dell’ altro detenuto.