Quindici, Leone: “Un altro scempio, l’ Archivio Comunale”

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Quindici – “L’archivio del Comune di Quindici versa in condizioni pietose. Umidità, disordine, incuria, affastellamento indecente di decine e decine di faldoni, escrementi di topo sono le prime cose che si possono denunciare”. Così in una nota Antonello Leone, consigliere comunale di minoranza a Quindici.
“Vagando in questo squallido ambiente – continua – e superata l’indignazione iniziale, mi sono messo a sfogliare qualche incartamento e a leggere qualche etichetta. Tra cose di poco valore, e altre più o meno interessanti, ne ho trovate anche alcune importantissime e preziose; è il caso dei documenti riguardanti un nostro illustre cittadino: Aniello Ventre. Qualche cenno biografico: Aniello Ventre nacque a Quindici il 16 settembre 1826. Laureatosi in medicina si diede inizialmente all’insegnamento (dell’italiano e del greco) presso Napoli. Per l’amicizia che lo legava al Rev. Don Gaetano Margotta di Calitri (che fu propugnatore della causa dell’Unità d’Italia) Aniello Ventre fu arrestato, 1848, e imprigionato nel carcere di Procida, con l’accusa di essere un sovversivo contro lo Stato (Regno di Napoli); in carcere divenne amico di Carlo Poerio, altro patriota e politico italiano. Una nuova condanna gli fu inflitta nel 1853 per simili motivi. Fu allontanato definitivamente dall’Italia nel 1859; sono questi gli anni in cui conobbe Giuseppe Mazzini. All’avvenuta Unità d’Italia fu nominato Ispettore Delle Dogane presso L’Aquila. Morì il 28 marzo del 1874. L’anno prossimo saranno trascorsi 140 anni dalla morte di uno dei tanti eccellenti cittadini quindicesi; vogliamo cogliere l’occasione per ribadire alcune fondamentali considerazioni. Troppo spesso una considerevole parte della sinistra quindicese ha presentato al mondo Quindici come una terra di frontiera, un luogo ingravidato perennemente dalla camorra e dalla corruzione; troppo spesso comparse più o meno autorizzate hanno parlato a nome di una intera cittadinanza che arbitrariamente rappresentavano; troppo spesso qualcuno ha usato per i propri personalismi il nome e la storia che più gli faceva comodo. Non occorre specificare meglio questa asserzione, poiché la stragrande maggioranza dei quindicesi può ampiamente intuirla. Sarebbe ora di compiere una inversione di tendenza, rendersi finalmente conto che Quindici è, e soprattutto vuole essere, qualcosa di rinnovato e nuovo. L’eredità nefasta degli anni precedenti deve essere soltanto uno spiacevolissimo ricordo del passato. Dico questo perché credo che l’archivio possa essere uno dei tanti punti su cui impostare la ripartenza etica e sociale del nostro paese”.

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