Alfredo Picariello – Ventidue anni fa. Per molti di noi è come se fosse successo ieri o ieri l’altro. Sembra che fosse un martedì, proprio come oggi. 5 maggio 1998: a Sarno e a Quindici piove ininterrottamente da diversi giorni. Le catene montuose rigonfie d’acqua che sovrastano il territorio, già a partire dal primo pomeriggio del 5 maggio, subiscono smottamenti che si traducono in una serie di violente frane. Tra le 14 e le 15 i livelli dell’acqua dei canali di Quindici cominciano a salire e una prima frana sfiora alcune case del centro storico. Intorno alle 18 un’onda violenta di acqua e detriti fa saltare tutte le comunicazioni. Anche a Sarno il fango ha completamente invaso il centro e poco dopo le 18 il comune salernitano conta la prima vittima dovuta alle frane: Roberto Serafino di appena 9 anni.
Qualche ora dopo, verso le 20, iniziarono quattro ore di terrore per le popolazioni dei comuni salernitani di Sarno, Bracigliano e Siano, di San Felice a Cancello (Caserta) e di Quindici. Un movimento franoso di vaste proporzioni che, ventidue anni fa per l’appunto, provocò 160 vittime, di cui 137 solo a Sarno e 11 a Quindici. Un centinaio furono, in quella giornata, i movimenti verso valle di colate di fango e acqua nell’area del cratere che abbracciarono, per diversi chilometri quadrati e a una velocità di 50 chilometri orari, l’intero bacino idrografico del fiume Sarno, toccando anche l’Irpinia.
“Quel giorno è ancora impresso nella mia mente. Difficile dimenticare”. A dirlo, è il sindaco di Quindici, Eduardo Rubinaccio. All’epoca aveva 29 anni, un giovanotto. Abitava a Lauro ma la sua fidanzata, attuale moglie, viveva nel comune sconvolto dalla frana, Quindici. “La sua abitazione fu travolta da un masso”, ricorda Rubinaccio. “Vivemmo momenti di autentico terrore. Tanta paura anche per una mia cugina. Abitava a Casamanzi, il quartiere più colpito. Non riuscimmo ad avere sue notizie per tutta la notte. Grazie al Signore, la ritrovammo viva il giorno dopo”.
“A distanza di 22 anni, non riusciamo, oggi, a commemorare quel giorno così triste e davastante. L’emergenza coronavirus ce lo impedisce, anche se, come allora, il covid un po’ ci riunisce, ci fa stare tutti insieme per combattere questa nuova e difficile battaglia. La cosa più triste è che non possiamo ricordare i nostri 11 morti”.
In mattinata sono stati comunque deposti i fiori davanti alla lapide in memoria dei morti, nel pomeriggio una cerimonia “in solitaria”, cui parteciperanno il parroco ed il sindaco. Il quale leggerà un passaggio di una bellissima poesia del poeta statunitense Edgar Lee Masters, “Ho conociuto il silenzio”.
Questo il passaggio: “E c’è il silenzio dei morti. Se noi che siamo vivi non sappiamo parlare di profonde esperienze,
perché vi stupite che i morti non vi parlino della morte? Quando li avremo raggiunti il loro silenzio avrà spiegazione”.