Renato Spiniello – Udienza dura per i parenti delle 40 vittime che il 28 luglio del 2013 persero la vita in uno dei più gravi incidenti stradali della storia italiana. Ad essere ascoltati in Aula di Corte d’Assise, infatti, due degli imputati accusati a vario titolo di omicidio plurimo colposo e disastro colposo.
Trattasi di Gennaro Lametta, fratello dell’autista Ciro rimasto ucciso nell’incidente e titolare dell’agenzia che noleggiò il bus, e Vittorio Saulino, funzionario della Motorizzazione civile di Napoli, che deve rispondere di falso in atto pubblico per aver attestato falsamente l’avvenuta revisione del mezzo finito nella scarpata.
“Quel bus non era una carretta come è stato descritto – ha affermato il primo dinanzi al giudice monocratico Luigi Buono e in risposta alle domande del proprio legale Sergio Pisani – non ho perso solo mio fratello in quel tragico incidente, ma altri 39 amici (i passeggeri deceduti, ndr). Io sono la 41esima vittima di quella strage”.
La manutenzione era costante, così come era stata superata la revisione, ha spiegato ancora Lametta, che non è stato controinterrogato dai pm Rosario Cantelmo e Cecilia Annecchini. “Sarei stato un pazzo altrimenti a far circolare quel pullman – continua – non dimenticate che a bordo c’era mio fratello. Quel bus era stato quindici giorni prima a Medjugorje e poi a Montevergine, e non c’era stato alcun problema”.
Per quanto riguarda l’ultima revisione, il titolare dell’agenzia viaggi ammette che se n’era occupato il fratello Ciro (“ero tranquillo” riferisce), tirando poi in ballo un’officia di Volla, gestita da Pasquale Favilla, il dipendente Pierino, di cui non si conosce il cognome, che avrebbe messo mano sul mezzo, e un altro centro revisioni che fa capo a Luigi Esposito.
Tutti i documenti erano in regola ed erano esposti, come da norma, sul mezzo. Al termine dell’esame di Lametta, che ha risposto anche ad alcune domande rivoltegli direttamente dal giudice Buono, l’avvocato Pisani ha richiesto di poter escutere il gestore dell’officia di Volla, Favilla, di poter risalire all’identità del meccanico Pierino e di controesaminare i consulenti tecnici della perizia-bis, relativa al rito civile, acquisita anche ai fini del dibattimento penale.
Più brevi le dichiarazioni di Saulino, rappresentato dall’avvocato Antonio Rauzzino, che ha rilasciato una propria deposizione spontanea. “La firma sulla revisione non è mia – dice – se proprio avessi voluto produrre un falso lo avrei fatto sicuramente meglio. Potevo mai essere così superficiale e negligente da pensare di non essere scoperto, dovevo essere solo un povero pazzo. Mi ritengo totalmente estraneo ai fatti che mi vengono contestati e prova della mia buona fede i 36 anni di servizio in cui non ho mai avuto contestazioni”.
Al termine del dibattimento, che si aggiorna al 13 e 20 aprile, non sono mancati i momenti di alta tensione tra i due imputati e i superstiti e i parenti delle vittime della strage. “Assassino, devi marcire in galera”: così è stato apostrofato Lametta, mentre il dipendente della Motorizzazione ha provato a giustificarsi: “Devono sapere che io non c’entro niente”.