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Quando Virgilio cantava l’Irpinia e Rocca San Felice nell’Eneide

“Vi è un luogo al centro dell’Italia circondato da alte montagne, famoso e celebre in ogni posto: la valle d’Ansanto. Ha quinci e quindi oscure selve, e tra le selve un fiume che per gran sassi rumoreggia e cade, e sì rode le ripe e le scoscende, che fa spelonca orribile e vorago..”, così recitano i versi 563-565 del VII Canto dell’Eneide di Virgilio.

Una descrizione suggestiva ed attuale, in cui possiamo riconoscere, anche a distanza di lunghi anni, un luogo angusto come la Mefite. Acqua che ribolle rumorosa nel suo piccolo deserto e infesta le narici con il suo odore di zolfo. Un piccolo anfratto “d’inferno” che ancora oggi attrae e intimorisce i suoi temerari visitatori.

[blockquote style=”1″]”Est locus Italiae medio sub montibus altis, nobilis et fama multis memoratus in oris, Ampsancti valles… Hic specus horrendum et saevi spiracula Ditis Monstrantur, ruptoque ingens Acheronte vorago Pestiferas aperit fauces.”[/blockquote]

(È de l’Italia in mezzo e de’ suoi monti una famosa valle, che d’Ansanto si dice. Ha quinci e quindi oscure selve, e tra le selve un fiume che per gran sassi rumoreggia e cade, e sì rode le ripe e le scoscende, che fa spelonca orribile e vorago, onde spira Acheronte, e Dite esala. In questa buca l’odïoso nume de la crudele e spaventosa Erinne gittossi, e dismorbò l’aura di sopra.)

Una descrizione inquietante ed attualissima.

La Valle d’Ansanto, più conosciuta come Mefite, è collocata tra Rocca San Felice, Frigento e Villamaina, in contrada Santa Felicita. Caratteristico del sito è un laghetto di circa 50 metri di diametro nel quale ribolle dell’acqua grigia e melmosa, resa tale dallo sprigionarsi violento di gas venefici. L’odore violento emanato dalle esalazioni gassose, ne rende facilmente individuabile la presenza, nonostante si trovi ai piedi di un dirupo. Intorno al laghetto vi sono altre piccole pozze, banchi di fango e pendii privi di vegetazione ricoperti da cristalli di gesso e zolfo; immediatamente al lato scorre un ruscello, noto come Vallone dei Bagni.

La Rocca di San Felice

All’interno del laghetto si creano spesso dei vortici capaci di inghiottire qualsiasi cosa vi si getti all’interno, per poi restituirlo totalmente disidratato. Per questo motivo è molto pericoloso avvicinarsi troppo al sito, sia per l’aria resa irrespirabile dai gas provenienti dal sottosuolo, che per la possibilità di restare intrappolati al suo interno.

Molti curiosi e studiosi hanno pagato con la morte la loro imprudenza. Vincenzo Maria Santoli, appassionato studioso della storia delle Mefite così scriveva: “… fermarsi in questi luoghi non è sicuro per gli uomini, specialmente se soffiano venti.”

Anche il prof. Amedeo Maiuri, Sopraintendente alle antichità della Campania, in un articolo apparso sul Corriere della Sera del 17.10.1953, si rifà ai versi di Virgilio per descrivere la Mefite dopo una visita al luogo:

“Quando prendiamo la via del fossato ci giunge alle nari un acre sentore di zolfo: è il primo annuncio di Mefite dei” saevi spiracula Ditis” di Virgilio.

Il paesaggio è ancora quello descritto dal poeta. I fianchi dei colli non serrano più d’ogni lato, di dense ombre di selva, il fondo della valle ad accrescere di religioso terrore il culto della dea infernale; lo speco, interrato dalle frane, non appare più orrendo, ma sull’opposto costone erompe ancora con fragore metallico e continuo il fiato sotteraneo con tanto impeto da sollevare zolle di terra e sassi; gorgoglia e ribolle accanto il fango viscido di una piccola palude Stige, mentre al fondo, lungo il tortuoso cammino del torrente, esala sempre il venifico fiato di Mefite. 

Ci viene incontro un omino agile e vivo con un berretto da turista e un’andatura sciolta che fa un curioso spicco fra i villici e i mulattieri dell’intorno. E’ l’impresario della Mefite, appaltatore del fango che serve a curare i poveri malati che hanno fede nella dea della valle d’Ansanto. Scendiamo con la sua guida nel vado della morte. Oggi Mefite è valicabile. Il vento di ponente che soffia impetuoso caccia l’anidride carbonica per il canalone del torrente e la disperde su per i costoni del monte. Se il vento cessasse, ogni sosta potrebbe essere mortale. Ma la morte è presente nelle spoglie degli uccelli e degli animali che coprono il letto del torrente e il terreno intorno.”

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