Irpinianews.it

Quando in Piazza Libertà ad Avellino si mozzavano le teste.

In Irpinia, l’ultima esecuzione è datata 1945 ma c’era un tempo in cui in piazza Libertà ad Avellino si insaponavano corde e si affilavano lame.

L’appello di Papa Francesco contro la pena di morte, e la successiva sospensione negli Stati Uniti di due esecuzioni, ha riacceso i riflettori su una pratica ancora in uso in 58 Paesi nel mondo e che in Italia è stata definitivamente abolita solo con l’entrata in vigore della Costituzione nel 1948.

Fino ad allora la condanna a morte, non solo in tempo di guerra, era prevista dal codice penale e le sentenze venivano rese esecutive.

Anche ad Avellino.

In Irpinia, l’ultima esecuzione è datata 1945: a finire davanti il plotone di esecuzione nel poligono di tiro delle Breccelle, a Monteforte Irpino, fu un giovane soldato canadese, che si era reso disertore. La fucilazione è stata solo l’ultima modalità, in ordine di tempo, con cui venivano giustiziati i condannati a morte.

In precedenza, nell’800, l’impiccagione e la ghigliottina erano l’incubo di briganti ed omicidi.

Ad Avellino, il patibolo veniva allestito al centro dell’attuale Piazza Libertà, a mo’ di monito e perchè tutti potessero assistere alla pubblica esecuzione, con tanto di boia ed assistente.

Quest’ultimo, Gennaro Serena, figura particolarmente nota, tra l’altro irpino di Montefusco.

“Gennaro Serena – racconta Andrea Massaro svolgeva un singolare mestiere: il tirapiedi. In pratica, era l’assistente del boia, Nicola Sabatino, ed insieme esercitarono prima a Montefusco e poi ad Avellino”.

Agli inizi dell’800 il lavoro non doveva mancare alla lugubre coppia…

“In effetti, il patibolo veniva spesso allestito in Piazza Libertà. Dagli atti risulta, ad esempio, che il 6 maggio 1812 la forca dovette lavorare a più riprese, con ben cinque esecuzioni effettuate in una sola mattina. Tra i condannati di quel giorno c’era Lorenzo De Feo, noto con il soprannome di Laurenziello, il leggendario brigante di Santo Sefano del Sole. Con lui furono giustiziati il fratello Luigi ed altri briganti: Biagio Frasca, Vincenzo Venezia ed Antonio de Angelis”.

Alle esecuzioni partecipava anche la cittadinanza?

“Il pubblico era sempre molto folto. A tal punto che le cronache raccontano che proprio quel 6 maggio, oltre ai cinque giustiziati, si contarono altri 4 morti, deceduti schiacciati dalla folla”.

Addirittura. Cosa accadde?

“Durante l’esecuzione un soldato, forse impaurito per la gran mole di persone presenti, fece partire un colpo di fucile. Non si capì più nulla. Fu un fuggifuggi generale e quattro persone rimasero schiacciate dalla folla. Un po’ come accaduto alla Mecca qualche giorno fa”.

Sul finire del 1813, con l’entrata in vigore del nuovo “Codice d’Istruzione”, l’impiccagione fu sostituita dalla cosiddetta esecuzione alla francese, che ben aveva funzionato con le teste regali d’Oltralpe nel 1793.  In Piazza Libertà, alla corda si sostituì la lama, con tanto di sapone per facilitarne la discesa.

Massaro, come si adeguò ai nuovi tempi la premiata ditta Sabatino-Serena?

“Evidentemente molto bene, visto che fu addirittura chiamata a svolgere il proprio lavoro in trasferta. Nel novembre del 1814 un giovane salernitano venne condannato, dal Tribunale di Benevento, con l’accusa di essere l’esecutore di un efferato delitto. Il problema è che a Benevento il nuovo strumento, la ghigliottina, ancora non era arrivato. E, così, fu chiesta in prestito ai vicini avellinesi, che la cedettero compresa del personale per l’utilizzo”.

Quanto guadagnava un boia ?

“Nicola Sabatino e Gennaro Serena furono impegnati tre giorni e la trasferta fruttò loro una discreta cifra: “ducati 1,80 per tre giorni di dimora, ducati 3 e grani 84 “per accesso e ricesso di miglia 16 a grani sei a miglio e una indennità di altri 3 ducati per “armare e disarmare la guillottina”.
Altri 36 grani furono spesi per l’acquisto di “un rotolo e mezzo” di sapone per ingrassare le guide della lama che, ad una prima prova, si era inceppata a metà corsa.
Il giorno fissato per l’esecuzione, la coppia non smentì la sua fama, mostrando la sua professionalità anche con il nuovo e più sbrigativo strumento di morte”.

A finire sul patibolo in quegli anni erano solo briganti ed assassini?

“Assolutamente no. Il 26 giugno 1821 in Piazza Libertà furono giustiziati intellettuali, professionisti e artigiani. L’accusa nei loro confronti? Aver gridato “Costituzione!” durante i moti scoppiati ad Avellino nel luglio del 1820”.

Leggi anche:

Exit mobile version