Fine della tregua armata nell’Irpinia renzianissima: il punto post-primarie

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Pasquale Manganiello – Cosa ha indotto Andrea Orlando e, soprattutto, Michele Emiliano ad offrirsi come sparring partner per una competizione interna ad un partito dall’esito scontato? E’ questa una delle domande che va al di là dei 2 milioni di votanti che hanno dato il proprio voto per le Primarie del Partito Democratico.

Come già preventivato da almeno un mese, Renzi si riprende il Pd (l’aveva mai perso?) con percentuali bulgare e lo fa, appunto, come se lo scorso 4 dicembre niente fosse accaduto, come se quelle sue dimissioni da presidente del Consiglio non fossero il frutto di un misero fallimento ma una prospettiva di rinascita.

RENZI  – Il disastro dello scorso Referendum avrebbe dovuto far riflettere l’ex Premier. Quattro mesi non sono bastati: la riapertura all’alleanza con Berlusconi, un raccapricciante Nazareno-bis, è l’ennesima mossa masochistica improntata su quello che è e sarà sempre il progetto renziano: le riedizione della democrazia cristiana. Dopo aver accompagnato non tanto elegantemente la Sinistra alla porta, Renzi punta a riproporre quell’enorme Centro che, però, sondaggi alla mano, non raggiungerebbe mai il 40%. I quasi due milioni di elettori alle Primarie non bastano: Renzi dovrebbe saperlo ma se rimane incastrato nel recente passato, sperando che gli italiani dimentichino la catastrofe degli ultimi tre anni di Governo e somatizzino a botta di slogan lo stato esiziale in cui versa il Paese reale, i cinquestelle non avrebbero preferito avversario migliore.

ORLANDO – Ha provato in tutti i modi a criticare il Governo di cui faceva parte ma, avendo addirittura capito che sarebbe stato come criticare se stesso, ha desistito. Una contraddizione insita in una candidatura inspiegabile per chi ha lavorato fianco a fianco all’ex Premier, per chi ha avallato tutte le sue scelte, anche quelle più scellerate, per chi ha votato di tutto senza ritegno.

EMILIANO – Sarebbe potuto diventare il leader di quella Sinistra che ha scelto di abbandonare il Pd. Avrebbe potuto incalzare il partito di maggioranza da fuori: queste Primarie lo condannano a rimanere una stampella renziana che, per chi non è renziano in nulla (secondo quanto Emiliano asserisce), dovrebbe essere peggio di sentirsi pienamente renziano.

L’IRPINIA RENZIANA – Il dado era stato tratto già da tempo. L’Irpinia renziana brinda al successo del suo segretario: dopo la Caporetto refendaria nessuno si è mosso di un centimetro. Troppo concitato il momento storico, troppe tessere da incasellare, troppe consorterie a giocarsi un ruolo primario in un contesto che si fa sempre più esplosivo. I prossimi mesi ci diranno il resto, la tregua armata sta per finire.

AVELLINO – In città i tesserati riconosciuti sul 2016 sono circa 2mila mentre i voti espressi ieri 1400. C’è altro da aggiungere?

AFFLUENZA IN PROVINCIA – C’è chi parla di crollo dell’affluenza rispetto al 2013: considerando gli avvenimenti che hanno contraddistinto il Pd irpino in questi ultimi 2 anni, io avanzerei l’ipotesi del miracolo.