Prima convocazione del Consiglio comunale sul bilancio: un’altra farsa?

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Pasquale Manganiello – Oggi alle ore 17.30, presso la sala consiliare Palazzo di Città, si dovrebbe tenere il Consiglio Comunale in prima convocazione. All’ordine del giorno ci sono.

1) Rendiconto gestione 2015. Approvazione

2) Documento Unico di Programmazione (DUP) 2016/2018. Approvazione

3) Bilancio di Previsione 2016/2018 ed allegati. Approvazione

Salvo accordicchi dell’ultima ora, non si dovrebbe raggiungere il numero legale ed il Consiglio, contestualmente agli argomenti all’ordine del giorno, slitterebbe in seconda convocazione i giorni 15 e 16 luglio alle ore 9.00.

Il bilancio comunale sarà monco poichè le partite contabili del Gesualdo non saranno allegate al documento complessivo. Il rischio per i consiglieri, in caso di approvazione, potrebbe essere di rilevanza penale  e/o erariale (la Corte dei Conti, nel caso, potrebbe sollevare un danno al pubblico interesse).

Il sindaco Paolo Foti punta dritto alla seconda convocazione, provando a mettere insieme dodici voti della sua maggioranza. In caso il bilancio non passi neanche in seconda convocazione, pur non essendo costretto alle dimissioni (il Prefetto dovrebbe nominare un commissario ad acta per il Bilancio), il primo cittadino potrà continuare ad amministrare anche senza una maggioranza, salvo sfiducia da parte dei consiglieri.

Una condizione amministrativa al limite della farsa. Un film horror con regia firmata dal Pd irpino, lacerato più che mai e maggiormente preoccupato per i vari posizionamenti in vista del prossimo voto nazionale che della realtà amministrativa della città capoluogo. E la cosa va avanti da almeno un anno a questa parte.

Se è vero che la condizione imbarazzante in cui versa il sindaco, delegittimato in maniera evidente dalla sua stessa maggioranza, dovrebbe condurlo per direttissima alle dimissioni, lo stesso ragionamento vale anche per quei consiglieri che si sono via via defilati da questa realtà amministrativa e che continuano ad occupare poltrone e ruoli in cui non si riconoscono più. Superfluo è dire che a pagare lo scotto di tali guerre intestine all’interno di un partito ormai allo sbando sono la città e la provincia.

Perchè slegare Avellino dal ruolo di guida dell’intera provincia irpina diminuirebbe non poco le responsabilità politica di chi ancora, nel 2016, con il 40% di disoccupazione giovanile e 10 milioni di persone sotto la soglia di povertà in Italia, occupa i posti di potere come se fossero la propria camera da letto o, nei casi peggiori, la propria toilette.

Sotto gli occhi di tutti il fallimento del direttorio Pd con un Congresso provinciale tenuto in ghiaccio in vista del Referendum, in una confusione generale che regna sovrana nella politica avellinese. Tutto in attesa della scena finale che, coerentemente con l’azione di questa Amministrazione, andrà via in dissolvenza.

 

 

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