“Ho accettato la candidatura alla Camera nel collegio di Avellino, la mia città – ad annunciarlo è l’on. Gianfranco Rotondi -. Avevo resistito alle pressioni del centrodestra nazionale, suggerendo altri nomi, secondo me più meritevoli e radicati.
Non ho più resistito quando a chiedermelo è stato tutto il centrodestra di Avellino, dicendomi che nessun altro nome avrebbe unito la coalizione. A quel punto, un rifiuto sarebbe stato un gesto di arroganza e di scortesia verso la mia provincia di origine, dalla quale manco politicamente da ben ventisei anni”.
“Mi distaccai dalla politica irpina per un gesto radicale – prosegue – di quelli che si fanno a trent’anni: sfidai il sistema di potere locale, chiedendo all’elettorato di scegliere la novità del centrodestra. Nel comizio finale, promisi pubblicamente che, in caso di sconfitta, mi sarei ritirato, esattamente come molti anni dopo prometterà Renzi sul piano nazionale.
A differenza di Renzi, però, una volta sconfitto, io mantenni la promessa e mi ritirai, a mio rischio e pericolo, e non potendo certo prevedere che la politica nazionale mi avrebbe portato poi a essere eletto in ben quattro diverse regioni. In tutti questi anni sono stato egualmente a disposizione delle istituzioni irpine, come testimoniano i tanti che le hanno rappresentate, e hanno trovato sempre in me ascolto e supporto. Non vi è stato avellinese o irpino che mi abbia cercato e non abbia incontrato la disponibilità doverosa. Ho goduto il piacere di far parte di una comunità, senza doverla dividere con la richiesta di un voto personale.
Ora mi si chiede di tornare a candidarmi, e con umiltà lo faccio. So che si tratta di una battaglia difficile, diversa da quelle che il mio ruolo nazionale mi ha assicurato negli ultimi anni. Proprio per questo la faccio con entusiasmo.
Stavolta però la promessa è opposta a quella di ventisei anni fa, e non la faccio alla fine, ma addirittura all’inizio della campagna elettorale: qualunque sia il risultato, vincente o perdente, io resto in campo in Irpinia. Mi si è chiesto di tornare, e lo faccio, ma non posso non rammaricarmi di ciò che trovo: vecchi apparati di potere senza più il bagliore dei protagonisti di un tempo, una provincia ripiegata su se stessa, malinconica, senza il brivido di un progetto, foss’anche velleitario come quelli della nostra giovinezza. Non va bene, amici.
Serve un cambio di passo, un investimento su carismi nuovi. Questa campagna elettorale è un test nazionale, andrà come vorranno gli italiani e gli irpini, e non vi è candidato che faccia la differenza, né io, né i miei bravi competitori, che sono anche miei amici personali.
Quel che mi preoccupa, lo confesso, è il lavoro che ci aspetta dopo: la ricostruzione di un progetto politico, di una classe dirigente”.
“Può commuovermi che mi cerchiate dopo ventisei anni – conclude – ma non va comunque bene. Torno in campo con voi perché l’orologio della storia riprenda a girare anche ad Avellino, e tra cinque anni possiamo accompagnare e sostenere talenti nuovi, come hanno fatto con me i grandi maestri del passato. E ora, si parte”.