di AnFan – Si sono chiuse le indagini su Damiano Genovese, l’ex consigliere comunale della Lega finito sotto accusa per la detenzione abusiva di una pistola e delle relative munizioni. Il fascicolo è nelle mani degli inquirenti della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Come da prassi l’indagato ha ora venti giorni per chiedere di essere ascoltato o presentare delle memorie difensive. Subito dopo la procura antimafia potrebbe chiedere al gip il rinvio a giudizio. Le indagini sono state condotte dai piemme Simona Rossi, Anna Frasca e Luigi Landolfi.
A Damiano Genovese è stata contestata anche l’aggravante mafiosa.
Una contestazione relativa proprio al possesso e alla ricettazione della pistola automatica, una calibro 7,65. L’arma è stata rubata ad Avellino quattro anni fa. La difesa, condotta dagli avvocati Gerardo Santamaria e Claudio Mauriello, tenterà di dimostrare come non via sia stata alcuna agevolazione del Nuovo Clan Partenio. Fatto menzionato nella chiusura delle indagini.
L’arma è stata trovata nell’abitazione di Genovese, in contrada Sant’Eustachio, dopo l’atto intimidatorio subito la notte del 23 settembre, quando alcune persone in sella a uno scooter esplosero raffiche di mitra contro le sue auto, parcheggiate nel cortile di casa. Quella sera una pattuglia dei carabinieri si è recata sul posto e dopo aver constatato i fori dei proiettili nelle vetture di Genovese, ha effettuato una perquisizione domiciliare. E’ stato lo stesso indagato a consegnare l’arma ai militari. Era in un armadio, nascosta all’interno di una tasca del giubbino. Scattarono le manette.
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