Avellino – La Consulta delle Costruzioni, come annunciato nell’incontro avuto con la Commissione Urbanistica Consiliare e sulla base di quanto emerso nel corso delle due giornate del Convegno organizzato dal Comune di Avellino sul Piano Casa, offre le seguenti considerazioni ed i conseguenti spunti, ritenuti utili puntualizzazioni per gli adempimenti cui è tenuto a deliberare il Consiglio Comunale di Avellino per la pianificazione degli interventi ed azioni previsti dalla norma. “In via preliminare – si legge – la Consulta ribadisce ed evidenzia che la questione da porre al centro dell’attenzione e da considerare obiettivo prioritario ed elemento guida delle decisioni da adottare è la sicurezza, o per meglio dire la scarsa sicurezza, da un punto di vista statico, di molti edifici esistenti, sia pubblici che privati. In particolare, soprattutto per gli edifici costruiti prima che il territorio di Avellino fosse dichiarato zona sismica, semplificando al massimo, due sono le cause del problema, del tutto indipendenti fra di loro, ma che spesso si sommano e si amplificano in senso negativo: la prima è rappresentata dal crescente e irreversibile degrado delle strutture portanti di taluni edifici; la seconda, dallo scarso grado di sicurezza antisismica delle strutture portanti di altrettanto numerosi edifici. E’ opportuno sgomberare subito il campo – precisa la nota della Consulta – dal ricorrente luogo comune di ritenere in possesso di requisiti “antisismici” sempre e comunque gli edifici che abbiano superato indenni un pregresso evento sismico”. E in questo senso vengono fornite ulteriori tre considerazioni: antisismico può essere definito solo l’edificio le cui strutture portanti siano state progettate ed eseguite nel rispetto pieno e assoluto della normativa tecnica in materia di costruzioni in zona sismica, peraltro in continua evoluzione; è possibile, e recenti studi e ricerche condotti in via sperimentale anche sulla città di Avellino lo dimostrano, individuare ambiti del tessuto urbano esistente maggiormente esposti al rischio sismico, pur senza scendere alla scala del singolo edificio; occorre prendere coscienza, senza creare immotivati allarmismi, che il problema esiste, che l’Irpinia è un’area sismo genetica ad alto rischio, che non si può accettare come ineluttabile questa condizione e non porre in essere una politica di prevenzione. “La recente e vigente pianificazione urbanistica di Avellino, P.U.C. – prosegue la nota – ha considerato questo problema ed ha cercato di darne una soluzione, individuando, anche in chiave di prevenzione sismica, le zone di rinnovo urbano, prevedendo incentivi per la sostituzione edilizia: in tale modo ipotizzando operazioni di riqualificazione urbana in uno alla messa in sicurezza sismica. Purtroppo, ad oggi, dette previsioni urbanistiche non hanno sortito risultati significativi, in quanto si sono rilevate non rispondenti ad assicurare le condizioni di sostenibilità economica degli interventi. Il Piano Casa, dunque, può essere, ed a giudizio della Consulta deve essere visto ed interpretato dall’Amministrazione Comunale come irripetibile occasione di ulteriore incentivazione del processo di riabilitazione strutturale dell’edificato, già obiettivo del PUC ed aspettativa sentita della popolazione: ed in questa direzione la Consulta rivolge una forte sollecitazione al Consiglio Comunale. Peraltro, la stessa legge, nella finalizzazione di attivare, mediante il rilancio delle attività edilizie, processi di contrasto alla crisi economica e di tutela dei livelli occupazionali della filiera delle costruzioni, ha i seguenti obiettivi: innalzare il livello di sicurezza sismica ed i requisiti energetici degli edifici, favorire l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile, abbattere le barriere architettoniche e riqualificare aree urbane degradate e/o esposte a particolari rischi ambientali”. La legge sul piano casa di fatto sostanzia due livelli di interventi, nei limiti di applicazione previsti dalla norma. Il primo relativo alla possibilità di dare luogo: ad interventi straordinari di ampliamenti di edifici residenziali esistenti nel limite del 20% (art.4); a mutamenti della destinazione d’uso degli edifici in zona agricola in termini residenziali per l’uso del nucleo familiare del proprietario o per attività connesse allo sviluppo integrato dell’azienda agricola (art. 4 ); ad interventi straordinari di demolizione e ricostruzione di edifici residenziali nel limite del 35% di maggiore volumetria originaria (art.5). Il secondo relativo alla riqualificazione di aree urbane degradate (art. 7), con la possibilità di perimetrare, entro il termine perentorio di 60 giorni, con atto consiliare, gli ambiti entro cui la trasformazione urbanistica ed edilizia è subordinata alla cessione di aree o immobili da destinare ad edilizia residenziale sociale, in aggiunta alla dotazione minima inderogabile di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, in rapporto al valore della trasformazione. In tali ambiti per gli edifici residenziali pubblici è consentito l’aumento del 50% della volumetria esistente. La riqualificazione delle aree degradate, sempre per effetto dell’art.7, è possibile ed articolabile anche nelle aree urbanizzate e degradate per immobili dismessi, dove il lotto non sia superiore a 15.000 metri quadri, ovvero per edifici non superiori a 10.000 mc. a destinazione prevalentemente ad uffici. La legge introduce in forma decisa il concetto di urbanistica negoziata, laddove prevede ed incentiva gli interventi dei privati e di capitali privati per la realizzazione di interventi che hanno ricaduta di pubblica utilità e sociale. La legge prevede anche semplificazione e facilitazione delle procedure amministrative ed autorizzative, oltre a dare la possibilità alle Amministrazioni di escludere, motivandolo, zone della città dalla applicazione degli effetti del piano casa, che è da considerare una disciplina che si affianca, in modo alternativo e non sostitutivo, alle previsioni urbanistiche vigenti in base ad una adesione volontaria dei soggetti interessati. “Da questo quadro – sottolinea la Cosulta – discende che l’Amministrazione deve compiere degli atti amministrativi di scelta ed indirizzo, che si sostanziano nella adozione di alcune delibere di Consiglio Comunale, per i cui contenuti la Consulta si permette di indicare le seguenti esigenze prioritarie: individuare e limitare al massimo gli ambiti di esclusione del territorio comunale dalla applicazione degli art. 4, 5 e 7 oltre quelli già previsti dalla legge. In particolare, nell’ottica di non stravolgere le previsioni del PUC vigente, ma trovare il giusto equilibrio tra necessità di preservarne gli obiettivi e le opportunità offerte dalla norma, si invita a valutare ed inserire la situazione specifica costituita dagli ambiti delle zone B di impianto storico definite dal Puc. In dette zone “B” sono molti gli edifici di gruppo 3, di “valore documentario”, così classificati dal PUC vigente, ma non sottoposti a vincolo specifico, che versano in oggettive condizioni di alto rischio sismico e statico e/o più in generale di degrado e che si trovano in tali classificazioni più per inerzia dei privati o per mancanza dei fondi della legge n. 219/81 piuttosto che per intrinseco valore del manufatto edilizio. In tale ottica, si sollecita di includere detti edifici tra quelli destinatari degli interventi previsti dagli art. 4 e 5 della norma, tutelando il contesto urbano in cui è inserito l’immobile; includere nelle aree da escludere le zone classificate dal PUC come aree di Nuovo Impianto, Ni, per evitare interferenze con i piani particolareggiati attuativi già approvati o in via di approvazione e/o redazione; valutare la possibilità di assimilare, ai fini della applicazione del Piano Casa, alle aree di rinnovo urbano già previste dal PUC anche altri ambiti del territorio comunale in cui gli edifici versano in condizioni di analogo degrado urbano o strutturale, anche utilizzando i risultati delle ricerche sperimentali patrocinate dalla Amministrazione; perimetrare tutti gli ambiti urbani dove esistono edifici di proprietà pubblica e/o con prevalente proprietà pubblica ai sensi dell’art. 7 comma 2 (edifici IACP, edifici di proprietà comunale, etc.); nelle aree di rinnovo urbano definite dal PUC, incentivare, indicandole come ambiti di applicazione degli art. 4, 5 e 7, gli interventi di tipo “C di modificazione dell’assetto urbano” permettendo di sommare i benefici e le procedure del Piano Casa con quelli previsti dal PUC, secondo le modalità attuative previste dal PUC stesso, ma semplificate alla luce del disposto normativo del Piano Casa, che definisce anche questi interventi come deroghe e non varianti al Piano. Va chiarito espressamente che in tale fattispecie: la attivazione e la perimetrazione dei predetti interventi “C di modificazione dell’assetto urbano” , nell’ambito delle zone di rinnovo urbano individuate anche come ambiti di applicazione dell’art. 7 del Piano Casa, è lasciato alla adesione e determinazione volontaria dei proprietari degli immobili, in quanto la P.A. può soltanto dare luogo ad una azione incentivante, laddove prevede che solo in tali ambiti si sommano gli incentivi in termini di premialità previsti dal PUC e dal Piano Casa. L’esperienza compiuta con la ricostruzione post sisma ’80 induce a non predeterminare gli ambiti di intervento, ma a lasciare la massima libertà di aggregazione consensuale, evitando così potenziali litigiosità e favorendo chi intende aderire, fermo restando alla P.A. il potere di esame, controllo ed approvazione delle proposte avanzate; la quota di ERS da realizzare in funzione del valore della trasformazione, essendo da considerare uno standard, è aggiuntiva alle consistenze volumetriche esistenti ed oggetto di ampliamento; la perimetrazione ai sensi dell’art. 7 comma 2 va intesa anche come possibilità operativa di poter applicare l’incremento volumetrico di cui all’art. 5, nei termini e casi previsti, agli edifici ed alle pertinenze esterne asservite al fabbricato, superando il limite previsto dall’art. 5 di operare all’interno dell’unità immobiliare catastale individuante lo stesso edificio e quindi poter dare corso ad interventi di ristrutturazione urbanistica; fissare le modalità di deroga allo strumento urbanistico vigente, nonché ai parametri edilizi ed alle prescrizioni del RUEC vigente, laddove risultano ostativi alla realizzazione degli interventi, al fine di rendere attuabili gli interventi previsti dal Piano Casa; definire le modalità di semplificazione, rispetto al RUEC vigente, per il rilascio dei titoli abilitativi, inerenti, ad esempio, ai contenuti minimi degli elaborati progettuali da produrre; definire l’ammontare degli oneri di urbanizzazione, che vanno specificamente fissati; assicurare, in questo modo, certezza nella applicazione della norma, certezza delle procedure e trasparenza degli atti, anche attraverso l’adozione ed ottemperanza al “Protocollo di Legalità” sottoscritto tra Prefettura di Avellino, Comune di Avellino, l’Associazione Costruttori e CGIL-CISL-UIL. L’occasione del Piano Casa deve anche rappresentare, come sembra, l’avvio concreto della cosiddetta urbanistica partecipata, che prevede un confronto sinergico tra Governo della Città e le diverse categorie, portatrici di interessi diffusi, per programmare le trasformazioni del territorio, mediante interventi a rete e non più isolati riferibili perlomeno all’area vasta della STS D2, ambito urbano della città di Avellino. Non va sottaciuto e sottovalutato che il P.T.R. individua per la STS D2 come attuale criticità ed obiettivo da raggiungere proprio la messa in sicurezza degli abitati esistenti: dunque, partendo dalla discussione, riflessioni ed azioni sul Piano Casa, occorre dare luogo ad una Pianificazione Strategica dell’area vasta di Avellino in grado anche di cogliere l’opportunità di accedere a potenziali finanziamenti europei da investire nel processo di messa in sicurezza del patrimonio edilizio pubblico e privato esposto al rischio sismico. All’uopo – chiosa la Consulta delle Costruzioni – si invita l’Amministrazione a rendere pubblico lo stato di redazione e gli obiettivi del redigendo Piano strategico al fine di favorire il confronto sui detti temi e a riconsiderare le priorità degli interventi da proporre, anche alla luce del recente programma di sviluppo territoriale proposto nell’ambito degli Accordi di Reciprocità”.