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Il Pantheon del Rock li aspetta da tempo: i Pearl Jam e 25 anni di puro cuore

Sono state da poco tempo diramate le nomination per l’ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame 2017, la cui cerimonia si terrà il prossimo aprile al Barclays Center di Brooklyn: Pearl Jam, Kraftwerk, Depeche Mode, Tupac Shakur, Janet Jackson, Journey, Bad Brains, Electric Light Orchestra, Chic, Chaka Khan, Cars, Jane’s Addiction, Joan Baez, MC5, Yes, Zombies, J. Geils Band e Steppenwolf.

 

Solo in cinque, i più votati da una giuria di artisti e membri dell’industria musicale, riusciranno ad aggiudicarsi a dicembre l’ambito titolo.

 

Per essere ammessi alla Hall of Fame i singoli artisti o i gruppi, oltre ad aver giocato un ruolo di significativa influenza nella storia del rock and roll, devono aver inciso il primo disco da almeno 25 anni. E, appunto, 25 anni sono trascorsi dal primo grandioso disco di una delle band più coerenti della storia della musica.

 

Fu pubblicato negli Stati Uniti il 27 agosto 1991 dalla Epic Records. La rivista Rolling Stone lo ha inserito al 209º posto della sua lista dei 500 migliori album. Nel febbraio 2013 l’album ha superato quota 10 milioni di copie vendute solo negli Stati Uniti d’America.

 

Loro sono i Pearl Jam, il disco si chiama “Ten” ed è straordinario.

 

Eddie Vedder, Jeff Ament, Stone Gossard, Mike McCready, Dave Krusen, hanno dato vita ad un percorso musicale ed artistico assolutamente sincero: mai vendersi al mercato, mai un approccio paraculo alla discografia, sempre e solo cuore, tanto cazzuto cuore.

 

La fiamma accesa dal Seattle sound agli albori degli anni ’90 è stato alimentato per un quarto di secolo da un gruppo che ha saputo tenere rovente il fuoco della terza via del grunge, quella più vicina al rock anni ’70, uno stile diverso rispetto a quello maggiormente rivolto al punk dei Nirvana o a quello con più influenze metal degli Alice in Chains.

 

I Pearl Jam sono stati apprezzati per il loro rifiuto agli eccessi delle rockstar, “hanno provato – come afferma il noto critico musicale Jim DeRogatis – che una rock band che non include avarizia può suonare in uno stadio senza spremere al pubblico l’ultimo centesimo […], indica che l’idealismo nel rock ‘n’ roll non è presente solo nelle band degli anni ’60-’70.”

 

Eddie Vedder continua ad essere l’indiscusso e carismatico leader: sono lontani i tempi in cui si lanciava sulla folla dai tralicci a venti metri d’altezza o di quando si scolava una bottiglia di vino rosso sul palco durante i concerti, ma la sua voce è una pietra miliare assoluta del rock ed il suo era, è e sempre sarà un approccio col pubblico da sensibile capopopolo. I suoi testi scuri, legati a temi forti e spesso personali, le sue battaglie politiche e per la libertà di scelta e di espressione, sono il legame che dalla vetta dell’Olimpo della musica lui stringe, da 25 anni, con la sua gente senza che si sfilacci o si corroda. Il picco più alto, forse, la straordinaria colonna sonora scritta per il film di Sean Penn, Into the Wild.

 

Ed ora la band che ha rinunciato alla commercializzazione spietata della propria immagine, che ha combattuto battaglie sui prezzi di biglietti (anche senza averle vinte), la band che dell’integrità ha fatto la propria forza artistica, si ritrova ad un passo dal pantheon del rock, nel posto che merita.

 

Finché ameranno quello che fanno, finché continueranno a divertirsi, i Pearl Jam saranno lì, sul palco, davanti a migliaia di ragazzi di tutte le età, a raccontare attraverso la propria musica gli stessi misteri che ci tormentano da decenni. E lo faranno ancora una volta con forza, determinazione, con cuore, senza pensare alle radio commerciali.

 

“Bisogna proteggere l’anima di una canzone.” Citazione, Eddie Vedder.

 

Pasquale Manganiello

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