«E’ molto difficile essere rappresentato da un Partito Democratico, il cui segretario quando perde dice che sono altri ad essere stati sconfitti, mentre quando vince è stato soltanto merito suo. Mi sembra di trovarmi di fronte ad un avvocato che dice al suo cliente “Qua le diamo…qua lo pigli».
Lucio Fierro, storico rappresentante del centrosinistra irpino, interviene, sul giorno della verità di via Tagliamento, ossia in occasione della Direzione provinciale che si terrà oggi alle ore 17,30, evidenziando, ancora una volta, la possibile soluzione per uscire fuori dal baratro.
Come il Pd irpino può superare la crisi della rappresentanza?
«Rispondendo seriamente, ci troviamo di fronte ad un partito che fa finta di non vedere. Quando il settanta per cento degli elettori non va a votare o sceglie l’antipolitica grillina ci troviamo di fronte ad un soggetto politico che porta il Paese sull’orlo di un baratro democratico. Il Pd, prima o poi, dovrà svegliarsi. Io mi auguro che questo avvenga almeno un istante prima che l’Italia non sia stata fatta precipitare, ma ho poca fiducia nel gruppo dirigente, sia nazionale che locale, tutto impegnato a guardarsi allo specchio e non in grado di rendersi conto dei problemi dei territori. Per il momento, aspetto e spero…».
Il gruppo, che in Irpinia si ritrova nelle posizioni del consigliere regionale Rosetta D’Amelio, ha manifestato apertura nei confronti delle minoranze. E’ disponibile a dialogare?
«Sono abbastanza disinteressato a sapere cosa pensa e fa Rosetta D’Amelio. La realtà offre cose ben più interessanti questioni a cui appassionarsi».
A proposito di alleanze, l’esecutivo di via Tagliamento sembra essere intenzionato a rafforzare l’alleanza con l’Udc di De Mita. Cosa ne pensa?
«De Mita è e resta una delle migliori intelligenze politiche che abbia prodotto l’Irpinia, ma nel bene e nel male è anche uno tra i maggiori responsabili del punto in cui siamo. E’ difficile immaginare che un politico, con un grande passato alle spalle, possa avere nel centrosinistra ancora un grande futuro in cui giocare le sue carte. L’approdo nel Pd, che mi sembra abbastanza scontato, è un epilogo triste per chi pensava di dover insegnare a questo partito come si fa politica, ma è ancora più triste se tale approdo è legato ad una convenienza e non sulla presa d’atto di aver sbagliato tutto. Sarei molto amareggiato, se tale alleanza per De Mita si riducesse nella ricerca di una zattera su cui trovare riparo, dopo un naufragio, nato da imprevidenza».
L’ottimo risultato della compagine civica a sostegno di Vincenzo De Luca è un punto da cui ripartire. Quale significato assume questo risultato, considerando il buon risultato di Todisco?
«Todisco parlerà per sé. Io espongo opinioni del tutto personali. La città di Avellino è stata protagonista di un qualcosa di straordinario. Una lista civica, nata soltanto per sostenere Vincenzo De Luca, è stata considerata dall’elettorato come la possibilità di una buona politica da parte del centrosinistra. Tale risultato, comunque, non mi sembra sufficiente per indicare un percorso. Un movimento, purtroppo, non può nascere così. La riforma della sinistra avviene soltanto quando ci sono rotture nazionali. Il voto, però, indica, che in Irpinia, esiste uno spazio per la buona politica. Basta allontanarsi dalle beghe di via Tagliamento, senza badare alla risoluzione di qualche vicenda personale».
Il primo passo reale per capire un cambiamento reale del Pd è la caduta di De Blasio. Lunedì 15 giugno sarà ricordato come il giorno della rivoluzione?
«Se De Blasio cade per me è un giorno di lutto. A chi sfotto?».
Grazie
«A lei».