Pd, De Blasio nel mirino: in Assemblea resa dei conti o fuoco di paglia?

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Alla fine, nonostante le assenze annunciate, la Direzione provinciale del Pd si è svolta regolarmente con 21 presenze registrate su 41.

Oltre all’area di riferimento del segretario di via Tagliamento Carmine De Blasio, erano presenti alla discussione i rappresentanti dell’area di Francesco Todisco e quelli facenti capo a Toni Ricciardi.

Di fatto, alla Direzione di ieri hanno partecipato tutte le minoranze (tranne quella di Gianluca Festa) oltre al pezzo di maggioranza dell’area De Blasio; significative in questo senso le presenze del deputato Valentina Paris e dell’ex senatore Enzo De Luca.

Annunciata da tante settimane, la richiesta di Assemblea (che sarà convocata dal presidente provinciale Roberta Santaniello entro fine mese) presentata da Beniamino Palmieri (riferimento per l’area Famiglietti) ed Ivo Capone (per la D’Amelio) non è stata accompagnata – come noto – dalla mozione di sfiducia.

Mozione di sfiducia che De Blasio ha sarcasticamente invocato tante volte, anche sfidando gli attori coinvolti, e che è stata paventata nel messaggio politico lanciato in questi giorni attraverso la stampa da chi vorrebbe la testa del numero uno di via Tagliamento.

Il segretario ha chiesto quali siano le motivazioni politiche addotte per deporlo dalla carica. E in cambio ha ricevuto una richiesta d’assemblea (suffragata da 44 firme, ndr) per discutere di una fin troppo generica linea politica.

Il punto è il seguente: la strategia della graticola che i vari referenti di Gianluca Festa, Rosetta D’Amelio e Luigi Famiglietti stanno portando avanti è suffragata dai numeri utili a sfiduciare De Blasio in assemblea? Probabilmente no.

E’ chiaro che De Blasio ha l’obbligo di prendere atto di non avere più una maggioranza politica definita, o comunque non ha più quel sostegno che gli permise di vincere l’ultimo congresso; ha l’obbligo di prendere atto, inoltre, che non sarà più nella condizione di governare i processi che riguardano Enti di servizio, rapporti con Comune e Regione, con una componente politica solida, non avendo più la coesione ed il sostegno garantiti ad inizio mandato.

Ma c’è da giurarci che né l’area relativa al segretario, né quella avversaria cederanno di un millimetro.

Quello che resta è una situazione di stallo che, in un momento delicato come quello che sta vivendo l’Irpinia al cospetto di mille vertenze e di situazioni complicate da sbrogliare, rende fragile ed esposto il Pd, con una guerra interna che non potrà non favorire la ricostituzione del centrodestra irpino e la crescita dei Cinquestelle che beneficeranno dei sondaggi favorevoli a livello nazionale.

Il Pd nemico del Pd: un concetto che è ritornato e ritorna spesso e sovente nelle cronache politiche della nostra provincia.

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